Ai fini della prova della stipula del contratto di locazione per comportamento concludente è necessario dimostrare l’esistenza della volontà delle parti

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La stipula o la rinnovazione tacita d’un contratto di locazione non può desumersi dal fatto della permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata oltre la scadenza del termine, né dal pagamento e dall’accettazione dei canoni e neppure dal ritardo con il quale sia stata promossa l’azione di rilascio, occorrendo che questi fatti siano qualificati da altri elementi idonei a far ritenere in modo non equivoco la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locativo con rinuncia tacita, da parte del locatore, agli effetti prodotti dalla scadenza del contratto.

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In tal senso si è espressa di recente la Suprema Corte di Cassazione, sezione civile, con sentenza n. 29313 pubblicata in data 19/01/2018 in relazione al ricorso presentato da alcuni dipendenti postali avverso alla sentenza emessa dalla Corte di Appello di Salerno, che aveva rigettato la loro richiesta di vedersi assegnare gli immobili dell’ente dagli stessi occupati, ritenendo essersi validamente perfezionata la stipula, con l’ente, del contratto di locazione, per comportamento concludente.

I ricorrenti asserivano di avere occupato “pacificamente e in buona fede” nove appartamenti di proprietà dell’ente convenuto e di avere diritto, in quanto dipendenti dello stesso, all’assegnazione degli immobili in locazione, sostenendo di avere, altresì, pagato “somme di danaro” a titolo di canoni di locazione, e di avere eseguito vari lavori di ristrutturazione.

Sulla base di questi fatti chiedevano al Tribunale di accertare l’avvenuta stipula con l’ente convenuto di altrettanti contratti di locazione per facta concludentia.

La domanda veniva rigettata dal Tribunale di Salerno, che riteneva abusiva l’occupazione degli appartamenti, escludendo che l’Ente vi avesse tacitamente assentito, ovvero avesse stipulato alcuna locazione con un comportamento concludente. In secondo grado, la Corte d’Appello confermava la decisione del giudice a quo, rigettando il gravame, sulla base della mancata prova della volontà dell’Ente di stipulare con i dipendenti occupanti degli immobili un contratto di locazione.

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La Corte di Cassazione, aderendo alle statuizioni di primo e secondo grado, ha ritenuto accertato in punto di fatto che l’Ente non ha mai manifestato alcuna tacita volontà di concedere l’immobile in locazione agli occupanti abusivi, circostanza desunta correttamente da alcuni elementi, quali: la natura abusiva dell’occupazione, l’esistenza di una denuncia penale contro gli occupanti abusivi, l’irrilevanza di per se’ del solo fatto di avere accettato il canone versato unilateralmente da questi ultimi.

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