Ammissibilità della revoca del consenso alla separazione consensuale dei coniugi in sede di udienza presidenziale

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Due coniugi chiedono l’omologazione della loro separazione consensuale, alle condizioni stabilite nel ricorso che provvedono a depositare avanti al Tribunale competente. All’udienza presidenziale, tuttavia, la moglie dichiara di non voler più prestare il consenso alla separazione consensuale, deducendo che l’accordo riportato nel ricorso per separazione consensuale, non è conforme all’interesse del figlio minore della coppia.

Il Giudice di primo grado procede ugualmente all’omologa dell’accordo di separazione, ritenendo che lo stesso si sia perfezionato con la sottoscrizione del ricorso congiunto di separazione, il cui contenuto negoziale non sarebbe, pertanto, più ritrattabile da parte dei coniugi.

La donna propone quindi reclamo avverso il decreto di omologa emesso dal Tribunale, innanzi alla Corte d’Appello territoriale, la quale le da ragione e annulla il decreto reclamato, poiché emesso in assenza di una condizione di procedibilità del procedimento, ovvero il consenso alla separazione consensuale da parte di entrambi i coniugi.

Con la sentenza n. 882/2015 dell’01/07/2015 la Corte d’Appello di Catania si è espressa in favore del principio di diritto, secondo il quale il consenso alla separazione consensuale deve essere reiterato dai coniugi in sede di Udienza Presidenziale, pena l’improcedibilità del ricorso. In base a tale pronuncia, il rifiuto manifestato dalla moglie avanti al Presidente Delegato del Tribunale di addivenire alla separazione consensuale, non può essere considerato quale revoca del consenso precedentemente prestato, ma si tratterebbe piuttosto di consenso non prestato nei termini e nelle forme previste dalla legge.

Secondo l’argomentazione sostenuta dalla Corte, l’art. 711 c.p.c. stabilisce che nel caso in cui la conciliazione dei coniugi in giudizio non dia esito positivo, il Presidente Delegato del Tribunale è tenuto a darne atto nel processo verbale, indicando in tale atto che i coniugi hanno espresso il consenso alla separazione. Conseguentemente, il momento in cui avviene la formale dichiarazione di consenso non è costituito dal deposito del ricorso introduttivo, ma bensì nell’udienza di comparizione davanti al Presidente. Il consenso deve essere, pertanto, manifestato dai coniugi avanti al Presidente Delegato, che ne dà formale atto nel verbale di udienza.

Il ricorso viene considerato un mero atto di impulso processuale, mentre la vera e propria manifestazione del consenso si realizza esclusivamente nell’atto pubblico, rappresentato dal verbale di comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente.

La Corte di Appello di Catania conclude, pertanto, sostenendo, che la separazione consensuale non può essere omologata qualora manchi un consenso manifestato in modo compiuto e valido, da parte di entrambi i coniugi, all’udienza presidenziale di comparizione dei coniugi. L’eventuale decreto di omologa che venisse emesso da parte del Tribunale, sarebbe in tal caso revocabile, con conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso di separazione consensuale depositato.

Tale decisione si pone in aperto contrasto con l’orientamento costante della Suprema Corte di Cassazione che considera, invece, irrevocabile il consenso manifestato all’atto della sottoscrizione del ricorso. Secondo tale impostazione, il consenso una volta prestato consente all’accordo di separazione consensuale di perfezionarsi, assumendo natura di negozio giuridico autonomo e perfetto. La successiva omologazione avrebbe, pertanto, una mera funzione di condizione sospensiva della produzione degli effetti giuridici delle pattuizioni stipulate tra i coniugi (cfr. Cass. 17607/2003; 10932/2008).

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