Assegno divorzile: il beneficiario perde il diritto alla sua corresponsione nel momento in cui intraprende una nuova convivenza avente i caratteri della stabilità e della continuità
Il Tribunale di Brindisi nel 2010, con sentenza definitiva, decretava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra due coniugi ed il relativo obbligo in capo all’ex marito di versare un assegno divorzile mensile di 1.000 euro a beneficio della ex moglie. In seguito l’onerato ricorreva in sede di Appello avverso tale sentenza chiedendo la cessazione del suo obbligo di mantenimento nei confronti della ex moglie.
Vistosi rigettare il ricorso in Appello, l’ex marito decideva poi di ricorrere in Cassazione per violazione dell’art. 5 della legge n. 898 del 1970 in considerazione del fatto che i giudici di merito, nel decidere, non avevano tenuto conto della circostanza per cui la beneficiaria dell’assegno divorzile aveva nel frattempo instaurato una stabile convivenza con la quale aveva dato luogo ad una famiglia di fatto, coronata dalla nascita di due figli.
I giudici della Cassazione, nell’accogliere la doglianze del ricorrente, con la sentenza n. 6855 del 2015, sanciscono principi destinati a modificare considerevolmente la materia: la nuova convivenza instaurata dall’ex coniuge, se dotata di determinate caratteristiche, fa venire meno l’obbligo dell’onerato di corrispondere l’assegno divorzile “per sempre”.
I punti salienti del ragionamento della decisione della Cassazione sono due.
Innanzitutto la Corte sottolinea i caratteri che deve necessariamente avere il nuovo legame di fatto instaurato dall’ex coniuge affinché rilevi al fine dell’interruzione del diritto all’assegno divorzile. Contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, per cui essa “rileva solo nel momento in cui incide sulla reale e concreta situazione economica della donna”, per la Corte di Cassazione essa rileva nel momento in cui abbia i connotati della stabilità, della continuità, della progettualità assimilabili a quelli che, di regola, caratterizzano la famiglia fondata sul matrimonio; in tal caso la mera convivenza si trasforma in una vera e propria famiglia di fatto. Nel caso di specie la formazione di una famiglia di fatto era resa inequivocabile dalla nascita di due figli la cui esistenza giustificava un totale distacco dalla situazione familiare pregressa terminata con la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
In secondo luogo, la Corte modifica un orientamento che lei stessa aveva contribuito a cristallizzare con la sentenza 17195 del 2011 in cui sanciva la rilevanza della nuova convivenza more uxorio, ma ne faceva discendere una diversa conseguenza: la quiescenza del diritto all’assegno divorzile. L’onerato cioè si trovava momentaneamente sollevato dall’obbligo di corrispondere l’assegno all’ex coniuge, obbligo che avrebbe potuto essere ripristinato nel momento in cui la convivenza fosse cessata. La Cassazione del 2015 rivede parzialmente questa posizione ritenendo che la “quiescenza” non possa essere la conseguenza adeguata dal momento che non trova giustificazione nella creazione consapevole e ponderata della creazione di un nuovo legame sentimentale stabile e duraturo, eventualmente potenziata dalla nascita di figli; tale scelta consapevole porta automaticamente con sé l’assunzione del rischio dell’eventuale fallimento del progetto familiare che era stato intrapreso.
Sulla base di queste importanti considerazioni, accertata l’esistenza di una convivenza more uxorio e nonostante la successiva sua interruzione, la Corte cassa la sentenza e nel merito statuisce l’inesistenza di presupposti per la continuazione del godimento del diritto all’assegno divorzile in capo all’ex coniuge.
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