Casi di non riconoscimento dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente
L’articolo 30 della Costituzione italiana al comma I sancisce che è dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, principio confermato all’art. 147 c.c., ripreso ed ampliato negli artt. 148, 155 e 155 quinquies c.c.
In sostanza, è obbligo dei genitori provvedere, proporzionalmente alle rispettive sostanze patrimoniali ed alle proprie capacità professionali e lavorative, ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, fornendo quindi alla prole assistenza materiale, senza peraltro far mancare loro il proprio sostegno morale.
Il dovere dei genitori di mantenere, educare ed istruire la prole non viene meno neanche in caso di separazione o divorzio, in questi casi particolari, ai sensi del combinato disposto degli artt. 155 e 155 quinquies c.c., il giudice competente fisserà la misura ed il modo con cui ciascun genitore contribuirà al mantenimento, alla cura, all’istruzione ed all’educazione dei propri figli, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di quest’ultimi.
Il dovere dei genitori di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati e non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest’ultimi, la giurisprudenza dominante di legittimità equipara, infatti, la figura del figlio maggiorenne non autosufficiente e quindi tuttora dipendente non per sua colpa dai genitori, a quella del figlio minorenne (cfr. Cass. civ., sez. I, 8 settembre 1998, n. 8868). In sostanza, il Giudice non può fissare un termine all’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente, atteso che il limite di persistenza va determinato, non sulla base di un termine astratto, bensì sulla base di diverse circostanze concrete, elaborate nel corso degli anni dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità. In ogni caso, il Giudice competente, determinerà l’an ed il quantum dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne non autosufficiente con rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età del beneficiario (cfr. Cass. Civ., sez. II, n. 12477/2004).
Un genitore, allora, è obbligato a mantenere il proprio figlio fintanto che questo non decida di impiegarsi, magari in età decisamente avanzata (35 o 40 anni)? No, l’obbligo alla corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente rimane immutato finché il genitore interessato alla declaratoria della sua cessazione, non dia prova che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza trarne utilmente profitto per sua colpa o per sua discutibile scelta.
L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente viene meno essenzialmente solamente quando quest’ultimo, malgrado i genitori gli abbiano assicurato le condizioni necessarie e sufficienti per concludere gli studi intrapresi e conseguire il titolo indispensabile ai fini dell’accesso alla professione auspicata, non abbia saputo trarne profitto per inescusabile trascuratezza o per libera, ma discutibile scelta delle opportunità lavorative offertogli, ovvero non sia stato in grado di raggiungere l’autosufficienza economica per propria inescusabile colpa o inerzia (cfr. Cass. Civ. sez. II, n.8221 del 2006; Cass. Civ., sez. II, n.24498 del 2007).
Questo accertamento, naturalmente, si ispirerà a criteri di relatività, in quanto deve essere necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e postuniversitario del figlio, l’obbligo al mantenimento, pertanto, non verrà meno nel caso in cui il figlio maggiorenne non si sia reso economicamente autosufficiente a causa di contingenze di mercato a lui sfavorevoli, o nel caso in cui non abbia ricercato un lavoro poiché l’espletamento di un’attività lavorativa non è compatibile con il suo percorso di studi e non gli permette il completamento di quest’ultimi nel minor tempo possibile.
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