Commette il reato di diffamazione aggravata la persona che posta su Facebook commenti denigratori ed offensivi

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La Suprema Corte di Cassazione Penale, richiamandosi ai principi enucleati con alcune precedenti pronunce, ha stabilito che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma c.p., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone. Secondo la Corte l’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell’idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando – e aggravando – in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante (vedi Cass. Pen. sez. I, sent. del 02/01/2017 n. 50 e sent. del 28/04/2015, n. 24431).
La circostanza che l’accesso al social network richieda all’utente una procedura di registrazione – peraltro gratuita, assai agevole e alla portata sostanzialmente di chiunque – non esclude la natura di “altro mezzo di pubblicità” richiesta dalla norma penale per l’integrazione dell’aggravante, che discende dalla potenzialità diffusiva dello strumento di comunicazione telematica utilizzato per veicolare il messaggio diffamatorio, e non dall’indiscriminata libertà di accesso al contenitore della notizia (come si verifica nel caso della stampa, che integra un’autonoma ipotesi di diffamazione aggravata), in puntuale conformità all’elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte che ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 595 terzo comma c.p., nella diffusione della comunicazione diffamatoria col mezzo del fax (vedi Cass. Pen. Sez. V. sent. n. 6081 del 9/12/2015) e della posta elettronica indirizzata a una pluralità di destinatari (vedi Cass. Pen. Sez. V. sent. n. 29221 del 6/04/2011).
La divulgazione di un messaggio tramite facebook, ha, per la natura di questo mezzo, potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, che, del resto, si avvalgono del social network proprio allo scopo di instaurare e coltivare relazioni interpersonali allargate ad un gruppo di frequentatori non determinato; pertanto se il contenuto della comunicazione in siffatto modo trasmessa è di carattere denigratorio, la stessa è idonea ad integrare il delitto di diffamazione. La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma terzo, cod. pen., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone (vedi Cass. Pen. sez. V, sent. del 20/01/2017, n. 2723).
Per il delitto di diffamazione è necessario e sufficiente il dolo generico, che si verifica tramite l’uso consapevole di espressioni che nel contesto sociale di riferimento sono ritenute offensive, per il significato che oggettivamente assumono (vedi Cass. Pen. Sez. V, Sent. n. 8419 del 16/10/2013; Cass. Pen. Sez. V, Sent. n. 4364 del 12/12/2012).
I reati di ingiurie e diffamazione possono essere commessi a mezzo di internet, (cfr. a partire dalla fondamentale ed esaustiva Cass., Pen. Sez. V, sent. del 17 novembre 2000, n. 4741 e Cass. Pen. sez. V sent. del 4 aprile 2008 n. 16262, Cass. Pen. sez. V sent. 16 luglio 2010 n. 35511 e Cass. Pen. sez. V sent. 28 ottobre 2011 n. 44126) ed integrano l’ipotesi aggravata di cui al terzo comma della norma incriminatrice (cfr. Cass. Pen, Sez. V, sent. n. 44980 del 16/10/2012).
E’ pur vero che la fattispecie dedotta si appalesa sotto più profili diversa da quelle delibate dalla Corte con i citati arresti, giacchè diverso l’utilizzo di internet, di cui si è occupato il giudice di legittimità, da quello relativo ad una bacheca facebook, ma v’è tra esse, e non solo perché in entrambi i casi v’è l’applicazione di risorse informatiche, un decisivo fondamento comune.
Ed infatti, il reato tipizzato al terzo comma dell’art. 595 c.p.p. quale ipotesi aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorché non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa. D’altra parte lo strumento principe della fattispecie criminosa in esame è quello della stampa, al quale il codificatore ha giustapposto “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, giacché anche in questo caso, per definizione, si determina una diffusione dell’offesa ed in tale tipologia, quella appunto del mezzo di pubblicità, si è fatto rientrare, un pubblico comizio (vedi Cass. Pen. Sez. V, n. 9384 del 28/05/1998) ovvero (Cass. Pen. Sez. V, sent. del 06/04/11, n. 29221) l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta elettronica secondo le modalità del “farward” e cioè verso una pluralità di destinatari. Detti arresti risultano infatti argomentati con il rilievo che, sia un comizio che la posta elettronica, vanno considerati mezzi di pubblicità, giacché idonei a provocare una ampia e indiscriminata diffusione della notizia tra un numero indeterminato di persone.
Con riferimento al caso di specie, il Collegio osserva che anche la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una bacheca facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso), sia perché l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione.
Identificata nei termini detti, la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza, pertanto, la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dal terzo comma dell’art. 595 c.p.p.

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