Coniuge economicamente più debole: niente assegnazione della casa coniugale in assenza di figli

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L’assegnazione della casa familiare, oltre ad essere considerato strumento di protezione della prole ai sensi dell’art. 155 quater c.c., può divenire, in assenza di figli, misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole?

Il punto di partenza dal quale far partire il ragionamento è l’interesse che il legislatore ha inteso tutelare nell’assegnazione della casa famigliare in sede di separazione tra coniugi: l’interesse della prole o l’interesse dei coniugi?

L’art. 155 quater c.c. disciplinando la questione dell’assegnazione della casa familiare, in sede di separazione personale tra coniugi, è molto chiaro: l’interesse da tutelare in questa sede è solamente quello della prole, di conseguenza la casa familiare andrà assegnata al coniuge affidatario a prescindere dal titolo (proprietà, affitto o comodato d’uso) secondo il quale questi la occupa.

Nel caso di assenza di figli e proprietà esclusiva della casa coniugale in capo ad uno solo dei coniugi, nulla quaestio, in sede di separazione personale quest’ultima rimane pacificamente nella disponibilità del proprietario, trovando applicazione la disciplina relativa al diritto di proprietà.

Nel caso in cui, invece, ci si trovi in presenza di due coniugi comproprietari dell’immobile adibito a casa coniugale e non ci sia evidentemente alcun interesse della prole da tutelare, il Giudice della separazione potrà disporre l’assegnazione della casa familiare al coniuge economicamente più debole, in spregio al diritto di proprietà del coniuge economicamente più forte?

Purtroppo la disciplina normativa di riferimento non fornisce risposte univoche al riguardo, tanto che in giurisprudenza si sono da sempre fronteggiati due orientamenti di segno contrapposto: l’uno, che ammette l’assegnazione della casa familiare al coniuge non proprietario solo in presenza di un provvedimento di affidamento della prole; l’altro che estende l’ambito di applicabilità dell’istituto in parola anche al ricorrere di presupposti ulteriori ed alternativi a quello rappresentato dalla tutela dei figli.

L’orientamento dominante, in realtà, è quello più restrittivo e giunge ad escludere ogni possibile margine di tutela per il coniuge, o ex coniuge, non affidatario della prole che non sia titolare di alcun diritto dominicale sull’immobile adibito a casa coniugale: in sostanza, in assenza di figli, il Giudice della separazione non potrà adottare all’interno della sentenza, alcun provvedimento di assegnazione della casa coniugale, tanto meno come misura assistenziale in sostituzione dell’assegno di mantenimento (cfr. Cass. civ., sentenza 11 dicembre 1992, n. 13126; Cass. civ., Sez. Un., 28 ottobre 1995, n. 11297).

La ratio sottesa a tale orientamento giurisprudenziale, parte dall’assunto che l’assegnazione ad uno dei coniugi della casa coniugale (intesa come centro di affetti, interessi e relazioni interpersonali), in deroga all’ordinario assetto di interessi discendente dal diritto di proprietà, abbia un senso in quanto possa ritenersi che, nonostante la separazione dei coniugi, ancora sussista una famiglia e ciò avviene solo in presenza di prole (cfr. Cass. civ. , sez. I, sentenza 18.02.2008 n° 3934).

Ove non vi sia prole convivente, questo tipo di tutela non ha più ragione di sussistere, né il legislatore ha ritenuto di adottare un diverso tipo di regolamento, facendo prevalere l’interesse alla tutela del coniuge più debole sul diritto reale o di godimento relativo all’immobile già sede della casa coniugale.

Per quanto concerne la separazione, pertanto, il coniuge più debole andrà altrimenti tutelato in sede di regolamento economico degli interessi di ciascun membro della coppia, tenendo peraltro conto dell’incidenza sul reddito che la disponibilità della casa di abitazione, in forza degli anzidetti diritti, può assumere.

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