Convivenza di fatto e arricchimento senza giusta causa

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Argomento delicato relativo alle convivenze di fatto è costituito dalle vicende patrimoniali nel caso di scioglimento dell’ unione di fatto.

La sentenza n. 18632 del 2015 si colloca nell’ambito della giurisprudenza che ha ampliato l’ambito di applicazione dell’azione di arricchimento senza giusta causa alle convivenze di fatto.

Nel caso di specie è la sig.ra C.M. che, convenuta in giudizio dall’ex convivente G.L. e risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio al pagamento di 170.000,00 euro quale pagamento di parte del prezzo dell’immobile acquistato in costanza di convivenza e di proprietà esclusiva della convenuta, decide di ricorrere in Cassazione.

La Corte rigetta il ricorso della ricorrente la quale, aveva evocato l’inapplicabilità dell’art. 2041 del c.c., che disciplina l’azione generale di arricchimento, alle convivenze di fatto e, al contrario, la riconducibilità del pagamento effettuato dall’ex convivente nell’ambito di un’obbligazione naturale irripetibile fondata sul rapporto di convivenza.

Secondo i giudici di legittimità, il giudice di merito ben aveva fatto a ritenere che il pagamento di 170.000,00 euro da parte del sig. G.L. non potesse ritenersi rientrante nell’ambito dell’obbligazione naturale discendente dal rapporto di convivenza, anche in relazione alla sproporzione della somma rispetto alle capacità economiche dello stesso il quale percepiva una pensione di circa 2.300,00 euro.

La Corte, infatti, richiamando la sua stessa giurisprudenza precedente, precisa che l’azione generale di arricchimento ha come presupposti l’arricchimento di un soggetto a danno dell’altra e che tale arricchimento sia avvenuto senza giusta causa che quindi non sia derivante da un contratto, da un impoverimento remunerato, da un atto di liberalità o dall’adempimento di un’obbligazione naturale.

Ne consegue che è configurabile un arricchimento ingiusto da parte di un convivente di fatto nei confronti dell’altro nel caso di prestazioni a vantaggio del primo che esulino dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza che superino i limiti di proporzionalità ed adeguatezza rispetto le condizioni sociali e patrimoniali dei componenti la famiglia di fatto (cfr. Cass. n. 11330 del 2009).

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