Dal mantenimento alla quota del TFR, dalla pensione di reversibilità all’assegnazione della casa coniugale: un riassunto dei diritti che ciascun coniuge può esercitare in caso di separazione o divorzio
Al fine di comprendere quali sono i diritti spettanti alla moglie in caso di separazione e quelli dopo il successivo divorzio è necessario spiegare qual è la differenza tra questi due status: con la separazione cessano alcuni tipici obblighi del matrimonio come ad esempio la fedeltà e la convivenza. Ne restano in piedi altri, come ad esempio il dovere di assistenza materiale, ragion per cui bisogna continuare a garantire il mantenimento all’ex secondo lo stesso tenore di vita di cui questi godeva quando ancora la coppia era unita.
Con il divorzio il vincolo matrimoniale si scioglie definitivamente, persistendo solo l’obbligo assistenziale soddisfatto con la corresponsione dell’assegno divorzile, in favore del coniuge non autosufficiente, per aver rinunciato, a causa degli impegni familiari, alla propria carriera lavorativa.
Il fatto che con la separazione il matrimonio non sia ancora completamente sciolto fa sì che i diritti della donna siano in parte più forti. In particolare, alla moglie separata spettano i seguenti diritti:
– l’assegno di mantenimento: il mantenimento deve tendere a garantire alla donna lo stesso tenore di vita di cui godeva durante la convivenza coniugale, tenendo comunque in considerazione le effettive possibilità economiche del marito per le maggiori spese che andrà ad affrontare (come nel caso in cui sia costretto ad abbandonare la casa). Alla moglie non spetta il mantenimento se il giudice ritiene che la colpa della fine del matrimonio sia a lei attribuibile per aver violato uno dei doveri del matrimonio (c.d. addebito della separazione): fedeltà, coabitazione, assistenza morale e materiale. Il mantenimento viene meno se la moglie inizia una relazione stabile con un altro uomo;
– la casa coniugale: alla donna spetta continuare a vivere nella casa coniugale – anche se di proprietà del marito o in comunione o in affitto – solo a condizione che il giudice abbia collocato presso di lei i figli. In una coppia senza figli o con figli grandi e autonomi, la casa resta al proprietario. Poiché l’assegnazione della casa viene disposta per tutelare i figli, essa spetta anche in presenza di addebito alla moglie;
– l’affidamento condiviso dei figli: in genere, anche se i figli vengono collocati presso la madre l’affido è condiviso, a meno che il padre non si riveli pericoloso o comunque negativo per un corretto sviluppo psico fisico dei minori. Fatti quindi salvi questi casi particolari, se l’affido è condiviso, entrambi i genitori hanno il diritto di esprimere la loro opinione per quanto riguarda le scelte più importanti per la vita dei figli, la loro educazione e il percorso di studi;
– il mantenimento per i figli: se i figli dovessero essere allocati presso la madre, il padre deve versare a quest’ultima un assegno periodico per le spese ordinarie oltre a una percentuale (di norma il 50%) sulle spese straordinarie. Valgono le stesse regole per quanto riguarda il divorzio;
– i diritti successori: se il marito dovesse morire prima del divorzio, la moglie sarebbe sua erede secondo le regole generali. Per cui, in assenza di figli, sarebbe erede universale, altrimenti è tenuta a dividere con questi il patrimonio (metà in presenza di un figlio, il 33% in caso di due o più figli). In ogni caso ha l’usufrutto legale sulla casa vita natural durante;
– la pensione di reversibilità dell’ex marito: alla moglie separata dal defunto marito spetta la pensione di reversibilità, a meno che alla stessa non sia stata addebitata la separazione. Nulla invece le compete se è intervenuta sentenza di divorzio;
– la possibilità di iniziare una nuova relazione e di venir meno al vincolo della fedeltà.
Se il marito dovesse andare in pensione prima del divorzio, alla moglie separata non spetta la quota del Tfr che invece le spetterebbe dopo il divorzio.
Con il divorzio, il matrimonio cessa per sempre. Molti dei diritti della moglie che abbiamo visto con la separazione vengono meno. E difatti da questo momento in poi alla donna spetta:
– l’assegno divorzile che non deve più garantire lo stesso tenore di vita che aveva la donna in costanza del matrimonio ma solo l’autosufficienza economica. Con la conseguenza che se questa ha già un lavoro o comunque una forma di sostentamento decoroso non può rivendicare nulla. Se tuttavia la donna, durante il matrimonio, ha rinunciato alla carriera per badare alla casa, perdendo così il contatto con il mondo del lavoro, l’assegno divorzile deve essere proporzionato a tale contributo da lei offerto alla famiglia;
– l’affidamento condiviso dei figli come con la separazione;
– la collocazione dei figli fino a che non diventano maggiorenni e possono decidere da sé;
– il mantenimento per i figli finché questi non diventano autosufficienti e, di solito, non oltre i 35 anni. Il figlio divenuto maggiorenne può chiedere che l’assegno venga versato direttamente nelle sue mani e non più alla madre, ma se tale richiesta non viene effettuata il padre dovrà comunque bonificare l’importo all’ex moglie;
– una quota del Tfr: all’ex coniuge divorziato spetta una quota del Tfr (di norma il 40%) solo se: a) titolare dell’assegno di mantenimento e sempre che detto mantenimento non sia stato pagato con un unico assegno (cosiddetta «una tantum»); b) non risposatosi; c) il Tfr deve essere stato liquidato dall’azienda dopo la sentenza di divorzio, ma deve essere il frutto del lavoro svolto (anche solo in parte) quando la coppia era ancora sposata;
– la possibilità di risposarsi.
Con il divorzio cessano quindi i diritti successori e il diritto alla reversibilità.
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