Danno da nascita indesiderata: risarcimento per mancato accertamento e omessa informazione di gravi malformazioni
La Cassazione con decisione del 7 aprile 2016 si è espressa su una controversia di grande attualità: il danno da nascita indesiderata.
Nel caso di specie i genitori di una bambina nata con gravi malformazioni, avevano adito le vie legali per ottenere il risarcimento del danno patito sia dalla nascitura che da loro stessi per responsabilità del personale medico della struttura sanitaria a cui si erano affidati per il mancato accertamento e l’omessa informazione delle gravi malformazioni della nascitura impedendo così loro l’esercizio del diritto di interrompere la gravidanza.
In primo e secondo grado i giudici avevano accolto la richiesta dei genitori ritenendo che l’ospedale di Roma ed i medici curanti a cui i ricorrenti si erano affidati fossero stati inadempienti rispetto alla prestazione dovuta in quanto, attraverso gli esami effettuati, avrebbero dovuto accorgersi, e quindi informare la famiglia, delle gravi condizioni di salute dalla bambina concepita permettendo così alla madre di esercitare il suo diritto ad interrompere la gravidanza, diritto di cui avrebbe certamente usufruito in considerazione delle gravi condizioni della figlia e il suo ricorso a continui controlli ecografici, sintomo di grande interesse per la salute della nascitura.
Nonostante il giudizio a loro sfavorevole nei primi due gradi di giudizio, l’ospedale e i medici curanti hanno portato la questione davanti alla Cassazione presentando sette motivi di ricorso i quali vengono totalmente rigettati.
Il settimo motivo è quello che più interessa in questa sede. I ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del codice di procedura civile e dell’articolo 2236 del codice civile che prevedono rispettivamente che “il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i limiti della stessa” e che “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo colpa grave”.
Secondo i ricorrenti, i giudici di entrambi i gradi di giudizio non si sono pronunciati sull’eccezione da loro avanzata secondo cui la prestazione pretesa dai medici curanti era di obiettiva difficoltà tecnica tale che la mancata diagnosi della malformazione della nascitura non può essere ricondotta a dolo o colpa grave degli addetti.
La Cassazione, aderendo alla decisione presa in sede di Appello, rigetta anche questo motivo di ricorso sulla base del fatto che dalle consulenze mediche sia d’ufficio che di parte emerge la negligenza degli operatori sanitari sotto due profili.
Innanzitutto si sono resi negligenti nel momento in cui, attorno alla ventesima settimana di gravidanza, hanno attestato il normale sviluppo del feto, in assenza di uno studio morfologico, unicamente sulla base di esami ecografici inidonei ad escludere anomalie del sistema nervoso centrale da cui poi la nascitura è risultata affetta.
In secondo luogo con riguardo agli esami eseguiti successivamente, in particolare nella trentesima e nella trentasettesima settimana, gli operatori sanitari si sono resi negligenti perché dalle immagini acquisite dagli esami ecografici era assolutamente rilevabile la presenza di malformazioni.
Ciò considerato la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’ospedale di Roma a cui si erano rivolti i genitori della neonata condannandolo al risarcimento del danno provocato alla bambina e ai genitori.
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