Il cambio di religione di un coniuge non può costituire causa di addebito della separazione né di affidamento esclusivo dei figli all’altro coniuge

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La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14728 del 19 luglio 2016,  ha stabilito che il mutamento di religione di un coniuge non può essere causa di addebito della separazione, neppure nel caso di matrimonio concordatario; inoltre, di per sé solo, non può essere motivo per affidare in via esclusiva i figli all’altro coniuge.

Nel caso in questione, la moglie aveva chiesto l’addebito della separazione al marito e l’affido esclusivo dei due figli minori sulla base del fatto che il marito aveva aderito al credo religioso dei Testimoni di Geova, disconoscendo così, a suo avviso, i valori da loro condivisi e trasmessi ai figli fino ad allora, tradendo i principi propri del cattolicesimo accettati e posti alla base del loro vivere comune con il matrimonio concordatario.

In altre parole, secondo la ricorrente, il solo fatto di aver cambiato religione costituiva un tradimento del progetto di vita che avevano insieme pianificato, basato sui valori morali propri del cattolicesimo e tale tradimento era stato la causa di una sopraggiunta inconciliabilità ed intollerabilità della convivenza. Nello specifico poi, la nuova religione abbracciata dal marito, quella dei Testimoni di Geova, secondo la moglie, professa principi incondivisibili dalla ricorrente, la quale li considerava dannosi per i propri figli.

Secondo la Corte di Cassazione, al contrario, il fatto in sé che uno dei coniugi cambi religione non può essere causa di addebito, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall’art. 19 della Costituzione; potrebbe essere causa di addebito solo nel caso in cui l’adesione al nuovo credo religioso si traducesse in comportamenti incompatibili con i doveri coniugali e genitoriali previsti dal codice civile.

Per la Corte poi, non è necessario valutare in concreto i principi alla base del credo dei Testimoni di Geova dal momento che, ai fini della decisione in corso, è sufficiente il fatto che sia una confessione religiosa riconosciuta dallo Stato. Solamente nel caso in cui il mutato credo religioso venisse accompagnato da comportamenti pregiudizievoli per i figli, la Corte potrebbe adottare provvedimenti limitativi del rapporto padre e figli.

La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso della madre, confermando le decisioni assunte nei primi gradi di giudizio di affidare i minori ad entrambi i genitori con collocamento prevalente presso la madre.

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