Il genitore che viola il diritto di accesso del figlio all’altro genitore, impedendo la fruizione di un normale rapporto genitoriale, viene condannato al risarcimento dei danni in caso di separazione
La capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, presso il quale il figlio non vive stabilmente, costituisce un aspetto fondamentale per la valutazione dell’idoneità genitoriale, ai fini dell’affidamento e collocamento del minore.
Qualora venga negato al minore l’accesso all’altro genitore, a causa della squalifica operata da parte del genitore presso il quale il figlio è collocato, con conseguente esclusione dalla vita del figlio, si determina una grave violazione del diritto alla bigenitorialità del minore, con evidenti ripercussioni sul suo sviluppo psico-fisico.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Cosenza – con sentenza numero 2044/2017 – relativamente ad un caso di rifiuto categorico della figura genitoriale femminile da parte di un minore, causata dal comportamento alienante tenuto dal padre e dal contesto familiare paterno, nel quale il bambino viveva stabilmente da diversi anni.
Il padre, che veniva riconosciuto come manipolativo, aveva difatti screditato continuamente la figura materna agli occhi del figlio, rendendosi in tal modo autore di un condizionamento finalizzato all’annientamento del rapporto madre-figlio.
Il minore, a causa del rapporto simbiotico che lo legava al padre, non era in grado di rielaborare criticamente il pensiero di quest’ultimo, rimanendone invischiato emotivamente, a tal punto da giungere a respingere la madre e tutti i parenti del ramo materno, rifiutandone anche il contatto fisico, per motivi del tutto inconsistenti.
All’esito della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del giudizio, l’ausiliare del Giudice accertava l’esistenza di una grave forma di alienazione parentale, imputabile alle ingerenze e manipolazioni poste in essere dal padre e favorite dal carattere passivo ed accondiscendente della madre, la quale si era dimostrata incapace di riconquistare, con modalità assertiva, la fiducia del figlio, verso il quale utilizzava spesso toni di rimprovero, rafforzando in tal modo il convincimento nel minore di una madre non accogliente, ma arrabbiata. Il ctu, inoltre, aveva segnalato che il padre tendeva ad anteporre i propri impegni agli incontri madre-figlio e non manifestava disponibilità all’accesso psicologico nei confronti dell’altro genitore, di cui, al contrario, cercava di sminuirne la funzione stessa.
Per tali ragioni, considerata la criticità della situazione, il consulente tecnico consigliava al Giudice l’adozione del provvedimento di affidamento del minore ai servizi sociali del Comune di residenza, con collocamento presso il padre ed ampliamento dei tempi di permanenza con la madre, non essendo i genitori in grado di esercitare un affido condiviso.
Il Tribunale, aderendo alle indicazioni dell’ausiliario, rigettava pertanto la domanda del padre di affidamento esclusivo del figlio, riconoscendo che il danno da quest’ultimo arrecato al diritto del minore alla bigenitorialità, ne attenuava sensibilmente l’idoneità genitoriale. Riconosceva inoltre, in accoglimento della domanda formulata dalla madre, il diritto in favore di quest’ultima e del figlio al risarcimento dei danni subiti, per avere il padre leso il diritto del minore a preservare un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, nonché il diritto della madre di svolgere il proprio ruolo genitoriale, condannandolo a pagare la somma di € 5.000,00= in favore di ciascun soggetto danneggiato.
Considerato il collocamento prevalente del minore presso il padre, al quale veniva assegnata la casa coniugale, il Tribunale poneva a carico della madre l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio versando un assegno dell’importo di € 200,00= al mese, non potendo l’attuale stato di disoccupazione allegato dalla donna, giustificare l’esonero da ogni forma di contribuzione.
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