Il genitore può essere condannato a pagare il risarcimento del danno per il mancato esercizio del diritto-dovere di visita alla figlia minore

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Il genitore che propone alla figlia di trascorrere il tempo insieme solo in presenza della sua nuova compagna è responsabile di violazione degli obblighi derivanti dal regime di affidamento condiviso.

A stabilirlo è il Tribunale di Roma (prima sezione civile, sentenza del 23 gennaio 2015), condannando, in un giudizio di separazione giudiziale, un padre a versare alla figlia un risarcimento di € 15.000,00= per non aver adempiuto correttamente agli obblighi di visita fissati dal giudice nel disporre l’affido condiviso della minore.
Si tratta di una particolare ipotesi di responsabilità a carico del genitore, che si ravvisa ogniqualvolta in cui questi, non essendo genitore collocatario della prole, ometta di esercitare il diritto di visita, che costituisce lo strumento giuridico attraverso il quale garantire la sussistenza del rapporto tra i figli ed il genitore non convivente.

L’esercizio del diritto di visita del genitore non collocatario non è solo una facoltà ma anche un dovere, da inquadrare nella “solidarietà degli oneri verso i figli” degli ex coniugi; tale facoltà-dovere deve essere svolta nell’interesse dei figli, al fine di garantire la sussistenza del rapporto tra i figli ed i genitori non collocatari.
Il collegio giudicante ha condannato, pertanto, il padre a versare una somma di denaro alla figlia, al fine di sanzionare le condotte omissive paterne nel lungo periodo in cui quest’ultima era stata collocata presso la madre. In particolare, si è evidenziata la pressoché totale assenza di frequentazione della ragazza, la quale a sua volta rifiutava di incontrare il padre per via del fatto che quest’ultimo si limitava a proporle di trascorrere i fine settimana assieme alla propria compagna.

Tale condotta è stata correttamente inquadrata tra quelle sanzionabili ex art. 709-ter del cpc, costituendo una grave inadempienza dei doveri incombenti sui genitori, idonea ad arrecare pregiudizio alla minore, impedendone un sereno sviluppo psico-fisico, oltre a privarla dell’affetto paterno.
Secondo il Tribunale di Roma la sanzione più consona va individuata nel risarcimento del danno subito dalla minore, tenuto conto che le omissioni paterne hanno avuto ricaduta diretta sulla stessa, vistasi di fatto privata della figura di riferimento paterna.

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