Il lavoro della moglie nell’azienda del marito si presume a titolo gratuito

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La moglie separata conveniva in giudizio il marito per l’accertamento dell’esistenza di ben due rapporti di lavoro subordinato chiedendo il riconoscimento della qualifica di quadro e la corresponsione di differenze retributive.

Il marito assistito dall’avv. Alessandro Luciano – cofondatore dello Studio Legale Luciano|Ballo & Associati – costituitosi in giudizio eccepiva la mancanza di prova della sussistenza degli elementi tipici di un rapporto di lavoro subordinato: l’esistenza di un rapporto gerarchico, di un potere direttivo, la predeterminazione di un orario di lavoro prestabilito e soprattutto la mancanza di una retribuzione.

In particolare il difensore del marito al fine di chiedere il rigetto delle richieste della moglie allegava il principio di diritto formulato da consolidata giurisprudenza di legittimità secondo il quale tra persone legate da vincoli di parentela opera una presunzione di gratuità della prestazione lavorativa; con la conseguenza che per superare tale presunzione, è necessario fornire al giudice la prova rigorosa degli elementi tipici della subordinazione, tra i quali soprattutto l’assoggettamento al potere direttivo-organizzativo altrui e l’onerosità dell’attività lavorativa.

L’avv. Alessandro Luciano deduceva che dalla elefantiaca produzione documentale della moglie emergeva, in realtà, la circostanza che la stessa collaborava alle attività commerciali del marito nell’adempimento di un dovere morale di riconoscenza verso il marito che manteneva lei ed i suoi animali, nell’ambito del rapporto coniugale.

Il Tribunale di Padova in funzione di Giudice del Lavoro rigettava le richieste della moglie condannandola all’integrale refusione delle spese legali in favore del marito con la sentenza che si allega ed alla quale si rimanda per consentire al lettore ogni ulteriore approfondimento (cfr. sentenza Tribunale di Padova del 05/10/2022).

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