Il reato di omicidio colposo: l’elemento della colpa non sussiste quando l’evento dannoso non era evitabile né prevedibile dall’imputato che in questo caso deve essere assolto
Se l’incidente stradale è stato causato dal comportamento imprevedibile della vittima, non può riconoscersi alcuna responsabilità a titolo di omicidio colposo a carico dell’automobilista sopraggiunto, che seppure violando il limite di velocità, non è riuscito ad evitare l’investimento della persona offesa, caduta autonomamente sulla sede stradale dal proprio ciclomotore.
Con la sentenza n. 34375 del 13.07.2017 la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna per omicidio colposo, in seguito ad incidente stradale, dopo aver ritenuto che non sussiste in capo all’imputato l’elemento della colpa quando l’evento verificatosi non poteva essere evitato nemmeno rispettando la regola cautelare predisposta per prevenire tale rischio.
L’elemento soggettivo del reato richiede, infatti, non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile da parte dell’agente con l’adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (c.d. comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione da svolgersi a priori, non avrebbe comunque potuto essere evitato.
Il caso trae origine dalla fattispecie relativa ad un incidente stradale mortale occorso ad una donna che a bordo del proprio ciclomotore, in corrispondenza di un incrocio, rallentava la sua marcia per girare a sinistra avvicinandosi alla linea di mezzeria, allorquando improvvisamente ed autonomamente perdeva l’equilibrio e cadeva a terra. Contemporaneamente, sopraggiungeva sulla carreggiata opposta un automobilista che fermatosi all’incrocio urtava il corpo della donna, causandone la morte. L’automobilista veniva pertanto condannato il primo ed in secondo grado per il reato di omicidio colposo, individuando quale profilo di colpa la eccessiva velocità tenuta, che non gli aveva consentito di rallentare in prossimità dell’incrocio ed evitare così l’urto con il corpo della vittima.
I giudici di legittimità hanno evidenziato che entrambe le sentenze di merito hanno addebitato l’evento a titolo di colpa a carico dell’imputato, ritenendo che egli avrebbe dovuto tenere un comportamento improntato alla massima prudenza, moderando la velocità, nell’avvicinarsi all’incrocio, evitando così situazioni di pericolo.
Osserva la Corte di Cassazione: l’applicazione del principio di colpevolezza esclude qualsivoglia automatismo rispetto all’addebito di responsabilità e si impone la verifica, in concreto, della violazione da parte di tale soggetto non solo della regola cautelare (generale o specifica), ma, soprattutto nel caso di specie, della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, che la regola cautelare mirava a prevenire (la c.d. concretizzazione del rischio).
In altre parole, l’individuazione della responsabilità penale impone di verificare, non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l’evento (che si risolve nell’accertamento della sussistenza del nesso causale) e se la condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare sia essa generica o specifica, ma anche se l’autore della stessa potesse prevedere, con giudizio da effettuarsi a priori quello specifico sviluppo causale e potesse attivarsi per evitarlo. In altri termini, la colpa si configura quando la cautela richiesta avrebbe avuto significative probabilità di successo, ovvero quando l’evento avrebbe potuto essere ragionevolmente evitato.
Tanto premesso ed argomentato, i Giudici di legittimità ritengono che la Corte territoriale ha erroneamente valutato la condotta dell’imputato, confondendo e sovrapponendo i diversi piani che attengono alla verifica relativa alla sussistenza del nesso causale e al giudizio volto all’accertamento della colpevolezza. Ritengono poi del tutto ininfluente, alla luce della ricostruzione del sinistro stradale come operata dai Giudici di merito, la circostanza che l’imputato non andasse a velocità moderata, in quanto risulta incontestabile che la donna aveva perso l’equilibrio improvvisamente, in maniera del tutto autonoma e contestualmente al passaggio dell’autovettura, con la conseguenza che l’impatto non aveva nemmeno coinvolto il ciclomotore ma solo il corpo della donna nell’atto stesso della caduta. Non sussisteva, pertanto alcuna possibilità per l’imputato di evitare l’investimento della vittima.
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