Il risarcimento del danno non patrimoniale: si alla liquidazione separata delle due voci di danno morale ed esistenziale con la possibilità di aumentare la quantificazione del risarcimento del danno

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Nel procedere all’accertamento e alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice del merito non deve più assorbire il danno morale in quello biologico, in quanto in seguito alla riforma, avvenuta nel 2017, degli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni L. 04/08/2017 n. 124, sono state definitivamente distinte le due voci di danno, quello dinamico-relazionale da quello morale. Ne deriva, che il giudice deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale) quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).

In tal senso si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 2788 dello scorso 31 gennaio, con la quale la III sezione civile della Cassazione, superando le note sentenze gemelle del 2008, ha dato via libera a risarcimenti che liquidino sia il danno morale che quello esistenziale, con la possibilità di aumentare l’importo da risarcire, statuendo che nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.), la liquidazione unitaria di tale danno dovrà attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subìto tanto sotto l’aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello dell’alterazione o modificazione peggiorativa della vita di relazione con la possibilità di personalizzare il risarcimento ottenuto, in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e peculiari che abbiano inciso sulla componente dinamico-relazionale del soggetto leso.

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una donna avverso alla sentenza pronunciata dalla Corte di Appello territoriale, con la quale veniva ridotta la liquidazione del danno in favore della stessa, escludendo dal risarcimento sia quanto dovuto a titolo di danno estetico che per danno morale derivante dall’invalidità conseguente alla cattiva esecuzione di un intervento chirurgico effettuato per il trattamento di un’ernia discale.

In particolare, la ricorrente lamentava che la sentenza impugnata, procedendo ad una unitaria liquidazione – riparazione del danno non patrimoniale arrecato, non aveva di fatto apprezzato la gravità della condotta colposa lesiva ed aveva illegittimamente ritenuto assorbito il danno morale all’interno della liquidazione personalizzata del danno biologico.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, precisando che il danno non patrimoniale ha natura unitaria e onnicomprensiva: unitaria in quanto ricomprende qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica; onnicomprensiva perché il giudice di merito ha l’obbligo di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, al fine di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici.

Ciò non esclude che – coerentemente con la nuova formulazione degli artt. 138 e 139 c.d.a. – il giudice debba congiuntamente, ma distintamente, valutare la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale) quanto quello dinamico-relazione (destinato a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).

Il sopravvenuto intervento legislativo, riconosce la distinzione strutturale tra danno morale e danno dinamico relazionale, laddove stabilisce che al fine di considerare la componente del danno morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è incrementata in via percentuale e progressiva per punto (art. 138 comma 2 lett. e) e quando la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati ed obbiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30% (art. 138 comma 3).

La sentenza in commento rileva, pertanto, per aver evidenziato che il danno morale deve essere autonomamente apprezzato e liquidato, diversamente da quanto effettuato dalla Corte di Appello nel caso di specie, che ha negato il risarcimento del danno morale, compiendo un’erronea sovrapposizione tra personalizzazione della liquidazione del pregiudizio non patrimoniale e danno morale.

La Corte di Appello, inoltre, non ha compiuto la necessaria personalizzazione del danno, omettendo di considerare l’eccezionalità delle conseguenze relazionali del danno biologico, consistenti nella preclusione di tutte quelle attività, lavorative e non, che impongono continue sollecitazioni meccaniche della colonna cervicale.

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