In caso di atti osceni in luogo pubblico ed in presenza di minori il reato non può essere considerato depenalizzato e deve essere esclusa la particolare tenuità del fatto

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Con la sentenza n. 41130 del 03/10/2016, la Corte di Cassazione Penale torna ad occuparsi di atti osceni il luogo pubblico e di condanna per tale reato, nonostante la fattispecie sia stata recentemente depenalizzata e trasformata in illecito amministrativo, punito con una semplice sanzione pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro.

Tuttavia, se l’atto avviene in un posto in cui prevedibilmente possano trovarsi dei minori, colui che ha posto in essere tale condotta commette reato, poiché la nuova legge continua a punire quella che rappresentava un’ipotesi aggravata e che oggi, invece, costituisce fattispecie autonoma di reato. È punito, infatti, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e sei mesi, chiunque commette il fatto “all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che vi assistano”.

Il caso trae origine da una sentenza pronunciata il 10/07/2014 da parte del Gip del Tribunale di Cagliari, nelle forme del rito abbreviato, con la quale veniva condannato l’imputato alla pena di un mese e quindici giorni di reclusione per avere compiuto atti osceni all’interno di una attività commerciale, alla presenza di impiegati e passanti, dunque, in un luogo aperto al pubblico ed abitualmente frequentato da minori. Avverso la decisione del giudice di primo grado, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello proponeva ricorso in Cassazione denunciando il vizio di violazione di legge, venendo in rilievo una condotta concretamente inoffensiva e dunque un fatto lieve ai sensi dell’art. 131 bis c.p.

Il Pubblico Ministero proponeva una diversa ricostruzione del fatto, fondata sulla condotta in concreto posta in essere dall’imputato, sulle caratteristiche del luogo in cui era stata commessa e, soprattutto, sulla mancata percezione da parte di terzi e di minori degli atti osceni compiuti dall’imputato (consistiti nell’infilare la mano nella tasca dei pantaloni, toccandosi i genitali, fino a raggiungere l’eiaculazione), situazioni, queste, che in concreto avrebbero reso inoffensive le condotte ascritte all’imputato e dunque particolarmente tenue il fatto. La Corte escludeva che in sede di legittimità fosse consentita una diversa ricostruzione del fatto, essendo essa ammissibile solo in presenza di vizi della motivazione, nel caso di specie non ravvisati, avendo il Tribunale fondato la pronuncia di condanna per la fattispecie aggravata di atti osceni sulla base di quanto riferito dai presenti, che ebbero tutti una percezione chiara ed inequivoca della condotta, e sulla base delle caratteristiche del luogo in cui essa venne posta in esse (si trattava di un esercizio commerciale di rilevanti dimensioni, frequentato da una moltitudine indifferenziata di persone, tra cui anche minori). Trattandosi di reato di pericolo, secondo la Corte, ai fini della responsabilità penale, non rileva l’effettiva percezione dell’atto da parte di altri soggetti. Quindi, a prescindere dall’essere stati visti nel compimento dell’atto osceno, per l’applicazione della sanzione penale va fatta una valutazione ex ante su “la visibilità degli atti e la astratta possibilità che vi assistano dei minori”.

La ritenuta sussistenza della circostanza aggravante ha poi portato la Corte di Cassazione ad escludere d’ufficio la rilevanza della sopravvenuta depenalizzazione della fattispecie semplice di cui all’art. 527 co. 1 c.p. a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 2016/8, essendo rimasta inalterata la rilevanza penale dell’ipotesi aggravata, disciplinata al comma 2 dell’articolo in esame, che si configura quando – come nel caso di specie – “il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minore e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano”.

Per le stesse ragioni, i Giudici di legittimità hanno escluso anche la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c.p.. Per potersi ritenere particolarmente tenue il fatto deve essere anche “lievemente offensivo”. Tuttavia, in ipotesi come quella di specie, proprio le modalità dell’azione (atti compiuti in pieno giorno e in un esercizio commerciale, con possibile estesa diffusione delle proprie condotte), ponendo le premesse per un potenziale pregiudizio all’interesse protetto dalla norma (moralità pubblica), escluderebbero l’esiguità del pericolo derivante dal reato e, quindi, escluderebbero anche l’applicabilità del beneficio.

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