In caso di separazione, il c.d. “genitore sociale” convivente del genitore biologico ha diritto a conservare rapporti con il minore nato con la procreazione assistita di tipo eterologo
Con sentenza del 20 ottobre 2016, n. 225, la Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 337-ter c.c., sollevata dalla Corte d’Appello di Palermo, la quale aveva lamentato il rischio di un vuoto di tutela dell’interesse del minore. Secondo la Corte d’Appello siciliana la norma impedirebbe al giudice di garantire la conservazione, nell’interesse del minore, di rapporti significativi con soggetti diversi dal ramo parentale.
Il caso trae origine da un procedimento ex art. 737 c.p.c. instaurato innanzi al Tribunale ordinario di Palermo da una donna che chiedeva emanarsi un provvedimento che disciplinasse i tempi e le modalità di frequentazione di due gemelli, dati alla luce dall’ex compagna a seguito di un processo di procreazione assistita di tipo eterologo, avviato e portato a termine con il sostegno morale ed economico fornito dalla ricorrente durante il periodo di convivenza con la madre biologica. La proposizione del giudizio era stata comunicata, ai sensi degli articoli 70 e 71 c.p.c. per le determinazioni di sua competenza in merito alla tutela dei minori, al pubblico ministero il quale, intervenuto nel procedimento, aveva assunto in proprio e nell’interesse pubblico le richieste formulate dalla ricorrente.
Il Tribunale adito, pur dichiarando l’insussistenza della legittimazione ad agire ex art. 337 ter c.c. in capo alla ricorrente, aveva accolto la domanda fatta propria dal pubblico ministero e aveva ritenuto applicabili al caso di specie gli articoli 337 bis e seguenti del c.c., che secondo il giudice di primo grado, andavano interpretati in senso costituzionalmente conforme agli articoli 7 e 24 della Carta di Nizza nonché all’art. 8 della Cedu, relativi al rispetto della vita privata e familiare. Ritenendo, pertanto, corrispondente al superiore interesse dei minori la conservazione del rapporto affettivo consolidatosi con l’ex partner della madre, il Tribunale siciliano ne aveva disposto la frequentazione secondo un calendario minimo, da adottarsi in caso di mancato accordo con la genitrice esercente la responsabilità genitoriale.
La madre biologica proponeva reclamo insistendo nelle proprie eccezioni e ad esso resistevano sia il pubblico ministero sia l’ex partner. Esperita l’istruttoria la Corte d’Appello sospendeva provvisoriamente l’esecutività del provvedimento impugnato e, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità rimetteva la questione al vaglio della Corte Costituzionale.
I Giudici della Consulta non ritengono però fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 337-ter del codice civile sollevata – in riferimento agli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, ed all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nella parte in cui, disponendo che il minore ha diritto di mantenere rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, non consente al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del minore conservare rapporti significativi con l’ex partner del genitore biologico. Ad avviso della Corte, l’interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l’interesse del minore, di un rapporto significativo, da quest’ultimo instaurato e intrattenuto con soggetti che non siano parenti, è riconducibile alla ipotesi di condotta del genitore “comunque pregiudizievole al figlio”, in relazione alla quale l’art. 333 c.c. già consente al giudice di adottare “i provvedimenti convenienti” nel caso concreto. E ciò su ricorso del pubblico ministero (a tanto legittimato dall’art. 336 cod. civ.), anche su sollecitazione dell’adulto (non parente) coinvolto nel rapporto in questione. Non sussiste, pertanto, il vuoto di tutela dell’interesse del minore presupposto dal giudice rimettente.
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