In caso di separazione o divorzio, il coniuge ha l’obbligo di rendere nota la propria situazione patrimoniale complessiva altrimenti subisce delle conseguenze molto rilevanti

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Con la sentenza del 19 maggio 2017  il Tribunale di Roma pone fine alla prassi che ha finito per abrogare l’art. 5 comma 9 della legge sul divorzio, il quale prevede che «i coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al Presidente del Tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il Tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della Polizia Tributaria».

La Cassazione, inoltre, ha più volte confermato che queste disposizioni valgono anche per l’assegno di mantenimento in sede di separazione (Cass. pen. 17 maggio 2005, n. 10344).

In tutti questi anni, la prassi dei Tribunalei era quella di richiedere ai fini della decisione sulla spettanza e sulla quantificazione degli assegni di mantenimento, soltanto l’allegazione delle dichiarazioni personali dei redditi contrariamente alla lettera della norma che richiede di valutare in modo molto ampio la situazione reddituale e patrimoniale dei coniugi.

I giudici romani sostengono che «nell’imporre ai coniugi, nei procedimenti di separazione o divorzio di presentare non solo la dichiarazione personale dei redditi, ma anche ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune, il Legislatore ha imposto un comportamento di lealtà processuale peculiare, che giunge sino al dovere di fornire alla controparte elementi contrari al proprio interesse. Questa deroga ai principi che reggono in generale l’attività difensiva, trova fondamento, anche dal punto di vista costituzionale, nei particolari obblighi di reciproca protezione che derivano nel  rapporto matrimoniale dall’ art. 29 della Costituzione».

Se, dunque, come accade nei casi più frequenti la moglie, che vuole richiedere un sostegno economico all’ex marito mediante il riconoscimento di un assegno di mantenimento, non fosse in grado di fornire nel processo sufficiente documentazione attestante la situazione economica del coniuge, potrebbe in ogni caso evidenziare eventuali contraddizioni tra ciò che formalmente risulta dichiarato dal marito e l’effettivo tenore di vita (per esempio le spese personali per l’acquisto di automobili, per l’iscrizione a circoli sportivi, per l’acquisto di gioielli, per vacanze in località esotiche e rinomate, ecc.) perosnale e quello garantito durante la convivenza matrimonaile, sollecitando il Giudice della separazione o del divorzio ad attivarsi per disporre accurate indagini patrimoniali da affidarsi ad un Consulente Tecnico d’Ufficio o alla Guardia di Finanza.

Sul piano processuale, il comportamento del coniuge che si sottrae al particolare obbligo di lealtà così individuato nel procedimento di separazione o divorzio può essere valutato dal Giudice come argomento di prova sfavorevole allo stesso.

Sotto il profilo extraprocessuale, ove le risultanze delle dichiarazioni dei redditi di un coniuge risultino non congruenti rispetto alle risultanze processuali, si attiva d’ufficio ed anche su segnalazione della parte interessata il dovere dell’Autorità Giudiziaria procedente (il Giudice della separazione o del divorzio) di segnalare la posizione del contribuente alla Guardia di Finanza, ai sensi dell’art. 36 del d. P.R. 29 novembre 1973, n. 600,come modificato dall’art. 19, comma 1, lett. d), della legge 413 del1991.

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