In presenza di particolari circostanze è possibile fare una controdenuncia per calunnia e chiedere il risarcimento dei danni per accuse ingiuste ed infondate

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Al di fuori dei casi di reato più gravi, nei quali il processo penale viene instaurato d’ufficio dal pubblico ministero, per le ipotesi meno gravi invece si procede su denuncia di parte, c.d. querela, consistente in un esposto, ovvero una richiesta fatta da un privato all’autorità (pubblico ministero o ufficiale di polizia giudiziaria) per manifestare la propria volontà di perseguire penalmente il fatto di reato (art. 336 c.p.p.)

Quando viene comunicata l’esistenza di un procedimento penale spesso l’indagato, reagisce con la volontà di fare una “controdenuncia / controquerela” per il reato di calunnia.

In generale e salvo casi specifici, reagire immediatamente con una controdenuncia non è peraltro opportuno, per le seguenti ragioni.

Innanzitutto, l’autorità giudiziaria è portata a stare dalla parte del denunciante / querelante, la cui parola è di per sé sufficiente per fondare una condanna anche in assenza di altre prove.

Le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, anche in assenza di altri riscontri, risultando del tutto inutile, nella pratica quotidiana, la richiesta di verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (cfr. Cass. Pen., SS.UU., sentenza n. 41461/2012, sentenza n. 4343/14).

Si tende pertanto a credere di più all’accusatore piuttosto che all’accusato, poiché soltanto il primo ha l’obbligo di dire in Tribunale la verità, in quanto testimone nel processo, mentre chi si difende non è tenuto a fare altrettanto, con la conseguenza che l’autorità giudiziaria diffida della contrapposta versione di chi si deve difendere, tenuto conto che le dichiarazioni dell’indagato non hanno praticamente alcun valore probatorio.

Reagire con una controdenuncia o una controquerela per difendersi da un’accusa ingiusta ha poche probabilità di successo: un Tribunale potrebbe valutare questa mossa come una ripicca carente di fondamento, disponendone l’archiviazione, con conseguente rafforzamento della denuncia o querela originaria.

In punto di diritto poi, il reato di calunnia non sussiste in tutti i casi di sola assoluzione dell’imputato, ma solo se è provato che a) la denuncia / querela è infondata e b) il denunciante / querelante aveva la certezza dell’innocenza.

La calunnia sussiste ex art. 368 c.p., in tutti i casi in cui chiunque con denuncia, querela o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Il reato di calunnia è quindi punito a titolo di dolo, richiedendosi oltre alla volontà̀ dell’incolpazione anche la consapevolezza che l’incolpato è innocente: requisito quest’ultimo non certo agilmente dimostrabile (attenendo alla sfera psicologica e quindi interna della persona).

Il dolo, infatti, non è integrato dalla mera coscienza e volontà della denuncia, ma richiede, da parte dell’agente, la consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato, non ravvisabile nei casi di dubbio o di errore ragionevole (cfr. Cass. Pen. n.11882/2003).

Il problema è dimostrare non solo che l’accusa è ingiusta ma che l’accusatore fosse convinto dell’innocenza dell’accusato.

La Corte di Cassazione specifica che in sede penale si è deciso che neppure il dolo eventuale è rilevante, considerato che la formula normativa dell’articolo 368 c.p. (calunnia) – che ravvisa il delitto in chi incolpa “taluno che egli sa innocente” – richiede la consapevolezza certa dell’innocenza dell’incolpato (cfr. Cass. pen., 10 luglio 2000 n. 9853; Cass. pen. n. 17992 del 2007; Cass. pen. n. 34881 del 2007).

All’imputato, inoltre, non spetta alcun risarcimento a seguito di un’assoluzione, né verso lo stato (con l’eccezione dell’ingiusta detenzione per la carcerazione subita), né verso il denunciante.

Appare ovvio che un’accusa ingiusta, cioè una calunnia, comporta un danno non irrilevante per la vittima delle illazioni altrui: oltre ad uno stato di sofferenza interiore c’è, comunque, un danno alla propria immagine, all’onore, alla riservatezza, alla reputazione, ossia il danno morale, riconosciuto anche da una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. Cass. Civ. Sez. Un. 21/02/2002 n. 2515).

Il mero fatto di avere sollecitato l’iniziativa del pubblico ministero denunziandogli gravi irregolarità rivelatesi poi insussistenti non costituisce, però, di per sé fonte di responsabilità per danni, ove non ricorrano gli estremi dell’addebito calunnioso, che presuppongono il dolo, come chiarisce la Cassazione (cfr. sent. 12 gennaio 2012, n.26; Cass. civ. Sez. 1, 18 dicembre 1964 n. 2899).

Il denunciante non incorre in responsabilità civile se non quando, agendo con dolo, si renda colpevole di calunnia (cfr. Cass. civ. 7 aprile 1978 n. 12237), dovendosi ritenere irrilevante la mera colpa, determinata da leggerezza, avventatezza, confusione o comunque da errore, cosi come la denuncia soltanto imprudente (cfr. Cass. civ. 8 marzo 1972 n. 4375), essendo richiesto per l’imputabilità del reato di calunnia il dolo, che deve essere necessariamente dimostrato (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 31 gennaio 1967 n. 163).

Il sistema, come sommariamente esposto, sconsiglia pertanto di procedere automaticamente con una controdenuncia percepita come ingiusta e nega la risarcibilità dei danni da un accusa ingiusta al di fuori della sussistenza del reato di calunnia: il risarcimento dei danni derivanti da una denuncia infondata ha come necessario presupposto la configurabilità del reato di calunnia, reato difficilmente dimostrabile.

La difesa, senza ovviamente tralasciare la valutazione critica delle affermazioni dell’accusatore, deve basarsi su elementi probatori documentali o testimoniali, che però devono essere certi, e quindi prudenzialmente andranno acquisiti anche con indagini difensive, meglio se durante le primissime fasi del procedimento penale.

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