In tema di addebito della separazione, il Tribunale di Padova rigetta le domande reciproche dei coniugi ritenendo non raggiunta la prova idonea a dimostrare la causa della crisi coniugale

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Grava sulla parte che richiede l’addebito della separazione all’altro coniuge per inosservanza degli obblighi coniugali l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.

A pronunciarsi in tal senso è il Tribunale di Padova, con sentenza n. 813/2018 del 12/04/2018, in relazione ad una causa di separazione giudiziale dei coniugi particolarmente conflittuale, nell’ambito della quale entrambe le parti avevano formulato reciprocamente domanda di addebito della separazione all’altro coniuge, sostenendo che il venir meno dell’affectio coniugalis fosse da addebitarsi ai comportamenti contrari ai doveri discendenti dal matrimonio posti in essere dall’uno nei confronti dell’altro.

Il Tribunale rigetta entrambe le domande, ritenendo impossibile addebitare la crisi del matrimonio alla condotta dell’uno o dell’altro dei coniugi, trattandosi di crisi risalente nel tempo, in ordine alla quale non sarebbe stato possibile, sulla base delle prove acquisite nel corso del giudizio, individuarne le cause e le rispettive responsabilità.

Nella suddetta sentenza si precisa, infatti, che i coniugi vivono da molti anni come separati di fatto, conducendo vite autonome ed indipendenti, circostanza ritenuta dal Collegio idonea a dimostrare che la crisi coniugale si colloca in un tempo imprecisato del passato, addirittura all’indomani del matrimonio, con evidente impossibilità di riconoscere in capo all’uno o all’altro dei coniugi una responsabilità prevalente.

Il Tribunale, inoltre, nel motivare la decisione di rigettare la domanda di addebito formulata dalla moglie, dichiara inattendibili le dichiarazioni rese dall’unico teste citato da quest’ultima, ovvero il figlio della coppia, ritenuto schierato con la madre anche nella predisposizione delle prove da produrre in giudizio. Si tratta in particolare, della trascrizione di conversazioni telefoniche che la convenuta avrebbe intrattenuto con le presunte amanti del marito, alla presenza del figlio, il quale avrebbe provveduto a registrarle e trascriverle.

La moglie si limitava, però, a produrre in giudizio solo il testo trascritto della conversazione, omettendo di produrre, altresì, la predetta registrazione.

Il Tribunale riconosceva, pertanto, che le trascrizioni dei dialoghi non avevano valenza documentale, non essendo precostituite al giudizio, ma essendo state predisposte dalla parte proprio al fine di fornire un mezzo di prova.

In conclusione, manca del tutto la prova idonea ad affermare che la crisi sia stata cagionata da condotte del marito ovvero della moglie.

 

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