La mancata consumazione del matrimonio costituisce una causa di divorzio o di annullamento del matrimonio civile ed una causa di nullità del matrimonio concordatario
Di recente ha fatto scalpore la notizia di un anziano novantacinquenne che, dopo aver contratto matrimonio con una donna straniera più giovane di lui di ben 41 anni, ha agito in giudizio per ottenere il divorzio dalla medesima, millantando non solo la mancata consumazione del matrimonio, bensì addirittura la mancata convivenza.
Il Tribunale Civile ha dato all’anziano coniuge pienamente ragione, riconoscendo che la mancata consumazione del rapporto coniugale costituisce causa di divorzio, prevista espressamente dall’art 3 lettera f), punto 2), della legge sul divorzio n. 898/1970, secondo cui: “Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi” se “il matrimonio non è stato consumato”.
In una situazione come questa il malcapitato può fare domanda immediata di divorzio, senza che sia necessario preventivamente addivenire ad una separazione, fornendo la prova della mancata consumazione del matrimonio, la quale ben può essere presuntivamente dedotta dall’età avanzata del ricorrente e dall’assenza di convivenza.
Tuttavia, questa procedura, seppur celere e semplificata, può presentare degli inconvenienti: allorché uno dei due coniugi deceda nel corso della procedura di divorzio, l’altro resterà coniuge a tutti gli effetti e potrà vantare tutti i diritti che ne derivano, anche di natura ereditaria.
Un’altra strada percorribile è quella dell’annullamento del matrimonio.
Giova però fare un’utile premessa!
Un conto è il matrimonio civile, celebrato davanti a un Ufficiale di Stato Civile e regolato integralmente dalle leggi italiane, un conto è il matrimonio religioso, il più diffuso dei quali è il matrimonio c.d. “concordatario”, che viene celebrato davanti a un sacerdote secondo le regole del diritto canonico ma che produce gli effetti civili previsti dalle leggi italiane, sempre che ricorrano precise condizioni.
Il matrimonio civile può essere impugnato con una richiesta di annullamento o di nullità quando è celebrato in mancanza delle condizioni richieste dalla legge oppure in presenza di limiti o vizi.
Attenzione a non confondere l’annullamento / nullità con il divorzio: il primo cancella il vincolo coniugale come se non fosse mai esistito, mentre il secondo produce lo scioglimento di un matrimonio già valido.
Nella maggior parte dei casi, le cause di invalidità non possono essere denunciate se c’è stata coabitazione per un anno dalla cessazione o dalla scoperta della causa invalidante.
I motivi che determinano l’annullamento del matrimonio civile possono riguardare:
– la formazione e il contenuto dell’atto di matrimonio (vizi del consenso o simulazione);
– la mancanza delle condizioni generali per contrarlo (età, interdizione per infermità mentale, incapacità naturale, vincolo di parentela, affinità, adozione tra i coniugi, bigamia);
– il mancato rispetto delle regole relative alla sua celebrazione.
Competente a decidere in materia è in ogni caso il Giudice Italiano.
La sentenza che dichiara la nullità o l’annullamento del matrimonio determina la perdita della qualità di coniuge, con conseguente riacquisto della libertà di stato e, per la donna, dell’uso esclusivo del cognome di nascita.
Vengono meno altresì tutti i diritti e gli obblighi di natura personale legati al matrimonio, quali l’obbligo di fedeltà, di coabitazione, di assistenza del coniuge mentre, dal punto di vista patrimoniale, cessa la comunione legale, si scioglie l’eventuale fondo patrimoniale, si perdono i diritti ereditari, compreso il diritto alla pensione di reversibilità, nonché perdono efficacia eventuali donazioni obnuziali.
Nulla, invece, cambia in relazione ai figli, che conservano lo status di figli legittimi, salvo il caso di annullamento per bigamia o per parentela con malafede di entrambi i genitori, nel qual caso gli stessi assumeranno lo status di figli naturali, fatti sempre salvi i diritti ed i doveri di entrambi i genitori nei loro confronti.
La procedura di annullamento del matrimonio civile, pur essendo più lunga e macchinosa rispetto a quella del divorzio immediato, ha il vantaggio di poter essere proseguita dagli eredi in caso della morte sopravvenuta dell’attore e, soprattutto, comporta la perdita dei diritti ereditari e della pensione di reversibilità.
Tuttavia, non rientrando la mancata consumazione del matrimonio tra le cause di nullità/annullamento del matrimonio civile, l’anziano coniuge protagonista della vicenda avrebbe potuto far valere, quali cause di annullamento/nullità, i vizi del proprio consenso oppure l’incapacità naturale al momento delle nozze.
Diversa è la situazione nel caso di matrimonio canonico.
Per la Chiesa il matrimonio è un vincolo indissolubile e, pertanto, non potrà parlarsi di annullamento, bensì solo di nullità esistente sin dall’inizio.
I presupposti per la dichiarazione di nullità sono in parte diversi da quelli previsti dal diritto civile italiano e trovano specifica disciplina nel codice di diritto canonico; tali vizi sono:
– la mancanza di consenso da parte di uno dei coniugi o di entrambi al matrimonio, compresa la riserva mentale e la simulazione;
– il fatto che uno dei coniugi escluda una delle finalità essenziali del matrimonio religioso, che sono la procreazione dei figli, la fedeltà, l’indissolubilità del vincolo matrimoniale;
– l’errore sulla persona del coniuge o sulla qualità dello stesso;
– la violenza fisica o il timore;
– l’impotenza o la sterilità (quest’ultima solo se è stata dolosamente celata all’altro coniuge prima delle nozze);
– la mancata consumazione del matrimonio.
La competenza, in questo caso, spetta esclusivamente ai Tribunali ecclesiastici, che seguono le proprie procedure.
Colui che ha ottenuto la declaratoria di nullità del proprio matrimonio concordatario rientra, a differenza del divorziato, a pieno titolo all’interno della Chiesa e nulla gli è impedito.
Quanto agli effetti della declaratoria di nullità, cessano gli obblighi relativi all’assegno di mantenimento per il coniuge e vengono meno eventuali diritti ereditari.
I figli nati dall’unione dichiarata nulla sono, invece, legittimi in quanto nati da un matrimonio “putativo”, cioè che si credeva esistesse e, pertanto, la dichiarazione di nullità non ha su di loro alcun effetto civile o religioso.
Una volta ottenuta la declaratoria ecclesiastica di nullità del matrimonio si potrà chiedere la delibazione della sentenza ecclesiastica, ossia il riconoscimento della stessa, nello Stato italiano.
A completare la disamina, si ricorda che Papa Francesco ha varato una riforma delle cause di nullità matrimoniali che, oltre a rendere più rapide e meno costose le procedure, attribuisce al vescovo diocesano la competenza a pronunciarsi sulle domande di nullità nei casi più semplici, ossia in caso di:
– mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà,
– brevità della convivenza coniugale,
– aborto procurato per impedire la procreazione,
– sussistenza di una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo;
– occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione;
– causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici.
In conclusione, nel caso di mancata consumazione del matrimonio, potrà aversi o una sentenza di divorzio da parte del Tribunale civile italiano, oppure una declaratoria di nullità pronunciata da un Tribunale ecclesiastico in caso di matrimonio concordatario, con eventuale successiva delibazione da parte delle competenti autorità giudiziarie italiane.
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