La moglie anziana che non può lavorare ha diritto di ricevere un assegno di divorzio se dimostra di non essere economicamente autosufficiente

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È legittima l’attribuzione in sede di divorzio di un congruo assegno divorzile alla ex coniuge il cui importo tenga conto della mancanza di mezzi adeguati e dell’impossibilità di procurarseli a causa dell’età avanzata, dell’assenza di redditi propri e di abilità al lavoro.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nella sentenza n. 28994/2017, che si pone in linea con il recente orientamento giurisprudenziale operato dalla Suprema Corte di Cassazione a partire dalla sentenza n. 11504/2017, con cui sono stati indicati i nuovi i criteri di riconoscimento e determinazione dell’assegno divorzile, abbandonando il precedente riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Nella vicenda in esame, il Tribunale aveva posto a carico del marito un assegno divorzile in favore della ex moglie, decisione che non era stata modificata a seguito del ricorso dell’uomo volto a far accertare l’inesistenza del diritto all’esborso, previo accertamento della situazione economica della moglie, o comunque a provocare una riduzione dell’importo in misura proporzionale alla capacità patrimoniali e reddituali delle parti.

La Corte d’Appello aveva tenuto conto dell’età della donna (sessantacinque anni), della sua esigua pensione mensile (pari a 400 euro) come della proprietà della casa di abitazione e di alcuni terreni, di modico valore, in Slovenia. Invece, la capacità economica del marito era risultata tale da poter far fronte al disposto assegno divorzile di 600 euro.

In Cassazione, oltre a contestare la sua supposta capacità reddituale, il marito contesta la Corte territoriale laddove non ha verificato l’esistenza del diritto della moglie in relazione all’inadeguatezza dei mezzi o all’impossibilità di procurarseli per ragioni obbiettive.

Elementi che non convincono i Giudici, essendosi, invece, la sentenza impugnata pronunciata compiutamente sulle circostanze che hanno giustificato l’assegno, ovverosia l’età avanzata della donna e la sua modesta pensione.

Inoltre, soggiungono i giudici, la pronuncia appare sostanzialmente conforme alla recente sentenza n. 11504/2017 che, nell’accertamento del diritto all’assegno divorzile, ha imposto un giudizio bifasico.

La prima fase, che accerta la mancanza di “mezzi adeguati” o, comunque, l’impossibilità “di procurarseli per ragioni oggettive” da parte del coniuge richiedente, è volta a stabilire la titolarità in astratto del diritto a percepire l’assegno di mantenimento.

La seconda fase – cui si accede solo ad un esito positivo dell’esame sulla prima – mira alla determinazione in concreto del quantum, tenendo conto di tutti gli elementi stabiliti all’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, (“condizioni dei coniugi”, “ragioni della decisione”, “contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune”, “reddito di entrambi”).

La sentenza della Suprema Corte in commento offre uno spunto applicativo relativo sia alla fase dell’accertamento sull’an, che a quella per la determinazione del quantum.

Quanto alla prima, la sentenza considera come il coniuge assegnatario non abbia redditi e sia nell’oggettiva impossibilità di procurarseli, stante l’età avanzata (settantuno) che rende ormai proibitivo l’accesso al mondo del lavoro e del resto questi fatti non erano stati contestati dalle parti.

Verificata dunque in senso positivo la fase dell’an, la Suprema Corte si occupa della determinazione del quantum, notando che quanto posto alla base di questa seconda fase, cioè le capacità economiche del marito, era frutto di una accertamento peritale, recepito dalla Corte con motivazione giudicata non sindacabile in sede di legittimità.

La Corte, dunque, considerata l’assenza di redditi di vario genere, giudica l’età avanzata come un valido presupposto cui ancorare l’impossibilità di procurarsi mezzi di sostentamento, attribuendo al coniuge richiedente il diritto a percepire l’assegno di mantenimento.

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