La responsabilità penale e civile del medico e della struttura sanitaria pubblica e privata alla luce della Legge 08 marzo 2017 n. 24: c.d. riforma Gelli
La nuova legge in materia di responsabilità medica, detta anche Riforma Gelli (Legge 8 marzo 2017, n. 24), affronta la delicata questione del rapporto tra medico e paziente, nell’ottica trasversale di deflazionare il contenzioso giudiziario ed il massiccio ricorso alla medicina difensiva. La novella, infatti, attraverso l’introduzione di una serie di istituti innovativi, si pone l’obiettivo di razionalizzare i costi della sanità, sia nella dimensione pubblica che in quella privata.
Sul punto, pare utile fornire un rapido excursus normativo e giurisprudenziale, per poter comprendere la portata delle attuali modifiche.
Nel corso degli ultimi decenni e fino a questa riforma, la natura penale della responsabilità del medico è stata spesso oggetto di modifica.Un primo orientamento, collocabile sino agli anni ottanta del secolo scorso, benevolo nei confronti dei sanitari che cagionavo per colpa eventi criminosi, sosteneva che in ragione della complessità del mestiere, per ascrivere a tali soggetti una responsabilità penale, dovesse rilevare soltanto l’errore grossolano e macroscopico, l’errore inescusabile. Questo ragionamento poggiava sull’applicazione dell’art. 2236 c.c., il quale stabilisce la responsabilità civile del prestatore d’opera solo per dolo o colpa grave, qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Questa concezione condusse ad una repressione delle condotte colpose decisamente a maglie larghe.
Nei successivi decenni, il predetto orientamento cedette il passo ad una seconda ed opposta visione, che negò l’applicabilità della citata norma civile, se non nei casi di oggettiva speciale difficoltà, parametro da accertare in concreto caso per caso. Per il resto, ciò che si considerava rilevante per la determinazione della colpa penale era il solo articolo 43 c.p., con la conseguenza che anche la colpa lieve poteva senz’altro assumere rilevanza criminale. Siffatta tendenza ebbe ben presto l’effetto di aumentare il contenzioso passivo nei confronti dei medici con un conseguente e sensibile accrescimento delle condanne penali. Si rese pertanto necessario l’intervento del Legislatore. Quest’ultimo avvenne solo nel 2012, con la nota legge Balduzzi (l. n. 189/2012) che segnò la terza stagione della responsabilità criminale dei sanitari. L’atto normativo in parola prevedeva due requisiti per l’irrilevanza penale del fatto illecito colposo commesso dal medico. Da un lato, vi era il rispetto delle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, dall’altro lato l’assenza di colpa grave (art. 3, legge cit.).
La nuova normativa dell’art. 3 d.l. n. 158/12, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, ha dato luogo ad una abolitio criminis parziale degli artt. 589 e 590 c.p. (omicidio colposo e lesioni personali colpose) nei confronti dei medici, avendo ristretto l’area del penalmente rilevante ed avendo ritagliato implicitamente due sotto fattispecie, una che conserva natura penale, caratterizzata dalla colpa grave, e l’altra divenuta penalmente irrilevante, caratterizzata dalla colpa lieve. In ambito civilistico, il tema della responsabilità medica ha riguardato principalmente la questione della natura giuridica, specialmente per quanto riguarda i rapporti tra struttura sanitaria e medico e sulle rispettive responsabilità nei riguardi del paziente.
Per quanto riguarda la responsabilità della struttura sanitaria, dottrina e giurisprudenza sono sempre state concordi nell’inquadrare la medesima nell’ambito della responsabilità contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto. Più acceso, invece, il dibattito sulla natura della responsabilità ascrivibile a quanti esercitano una professione sanitaria in caso di danni riportati dai pazienti in cura, che sembrava essersi sopito con l’avvento della teoria del contatto sociale, e che ha ripreso vigore sul finire del 2012, all’indomani dell’emanazione della legge Balduzzi. Prima dell’introduzione dell’art. 3 l. 189/2012, l’indirizzo giurisprudenziale pressoché unanime propendeva per la natura contrattuale, da contatto sociale, della responsabilità del singolo medico, a sua volta solidale con la responsabilità della struttura sanitaria di appartenenza.
Dopo l’introduzione della Legge Balduzzi, gran parte dei giudici di merito hanno affermato che la riforma fa salva tutta la precedente elaborazione giurisprudenziale sulla natura contrattuale, ovvero da inadempimento, che occorre riconoscere alla responsabilità del medico, con conseguente piena applicazione dell’art. 1218 c.c. Nell’art. 3 della L. Balduzzi, il richiamo all’art. 2043 c.c. è preceduto dall’espressione “in tali casi”, ed è pertanto limitato espressamente ai casi in cui il medico non risponde penalmente di colpa lieve, per essersi attenuto a linee guida accreditate. La legge n. 24 del 2017 si propone di dare una soluzione definitiva a tali questioni, cercando di superare le criticità ascrivibili alla L. Balduzzi, mediante la positivizzazione delle linee guida e delle buone pratiche, attraverso la definizione di modalità di produzione ed enti di accreditamento, nonché l’istituzione di un Osservatorio ai sensi dell’art.3.
In materia di responsabilità penale si prevede l’introduzione di una nuova fattispecie criminosa che pone fine alla diatriba in ordine alle sfumature di colpa, attraverso la creazione di una nuova species di colpevolezza, quella medica appunto.
Recita l’art. 6 della legge “Dopo l’articolo 590-quinquies del codice penale è inserito il seguente: “Art. 590-sexies. – (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). – Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
L’art. 7 della normativa in esame prevede, inoltre, che la struttura sanitaria pubblica o privata, che nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del c.c., delle loro condotte dolose o colpose.
L’esercente la professione sanitaria, si legge, risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del c.p., introdotto dall’articolo 6 della presente legge.
Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo. Vengono pertanto introdotte due novità: viene qualificata come aquiliana la responsabilità del medico, con conseguenti ripercussioni sul piano disciplinare e al contempo viene parametrato il danno risarcibile attraverso l’aggancio al codice delle Assicurazioni.
Le strutture sanitarie pubbliche e private dovranno essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d’opera, per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie pubbliche e private. Il testo sembra in concreto aver traslato la responsabilità in capo alla struttura applicando la logica dell’art.1228 c.c., scongiurando pertanto qualsiasi vulnus di tutela.
Infatti, il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie pubbliche o private.
L’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione pari a quello dell’azione verso la struttura sanitaria pubblica o privata o l’esercente la professione sanitaria.
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