La rilevanza delle dichiarazioni del figlio minore nella decisione inerente al suo affidamento esclusivo o condiviso ai genitori nei procedimenti di separazioni e divorzio
Il regime prevalente dell’affido condiviso del minore ad entrambi i genitori può essere derogato anche in assenza di effettive carenze od inidoneità educative da parte del genitore non affidatario, qualora le dichiarazioni rese dal minore dimostrino che tale forma di affidamento prioritario potrebbe risultare, in concreto, destabilizzante per lo sviluppo psico-fisico del minore stesso.
A stabilirlo è una recente pronuncia della Corte di Cassazione, che di fronte al ricorso di un padre avverso alla decisione assunta dalla Corte di Appello di Caltanisetta – che aveva disposto l’affidamento esclusivo della figlia minore alla madre – ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, confermando la deroga al principio della bigenitorialità stabilità dalla sentenza di secondo grado (cfr. Ordinanza Corte Cass. – sez. VI civ. n. 18734/2017) .
I giudici di legittimità hanno, difatti, riconosciuto che, sulla base delle dichiarazioni della minore, confermate nei fatti dal padre e dall’assenza di rapporti tra padre-figlia, l’affido condiviso potesse arrecare pregiudizio all’interesse della minore stessa, tenuto conto anche della sua età (13 anni) e capacità di discernimento.
La minore, ormai adolescente, nata successivamente al deposito del ricorso per separazione dei coniugi, non aveva mai frequentato il padre, con il quale non intratteneva alcun tipo di rapporto, non avendolo mai conosciuto in passato. Essa, pertanto, non desiderava incontrarlo, in quanto persona a lei totalmente estranea.
Con tale decisione, la Suprema Corte rileva, altresì, che il regime dell’affidamento esclusivo non costituisce una limitazione della responsabilità genitoriale e non si fonda, necessariamente, su di un giudizio di disvalore in ordine alle effettive capacità genitoriali, che dalla pronuncia in questione non vengono messe in discussione.
L’affidamento condiviso è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano con la Legge n. 54/2006, che ha previsto l’affidamento bigenitoriale quale regime prioritario, nella regolamentazione dei rapporti tra genitori separati e figli minori, da applicarsi con prevalenza rispetto all’affidamento monogenitoriale.
L’affidamento condiviso comporta l’esercizio della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i genitori. Il legislatore ha stabilito che è interesse primario del minore quello di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, in modo da poter ricevere concretamente cura, assistenza ed educazione da ciascuno di essi, anche quando la famiglia attraversi la fase patologica della separazione o del divorzio. La regola, dunque, è che i genitori, nel preminente interesse del minore, devono condividere le decisioni di maggiore importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore.
L’eccezione a questo principio è rappresentata dall’affidamento esclusivo che, sempre secondo la Giurisprudenza, può disporsi solo ove l’applicazione dell’affidamento condiviso risulti pregiudizievole per l’interesse del minore. E’, quindi, del tutto pacifica la preferenza accordata dal legislatore per l’affidamento condiviso; ciò non toglie, tuttavia, che il legislatore abbia mantenuto l’ipotesi dell’affidamento esclusivo qualora ritenga che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Affinché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, occorre che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come, nel caso, ad esempio, di una sua anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza anche morale …)”.
Se il figlio viene affidato in via esclusiva ad un genitore, questi potrà prendere, oltre alle decisioni ordinarie, anche quelle straordinarie (es. effettuare determinate spese “straordinarie” nell’interesse del minore). La differenza fra affidamento condiviso ed affidamento esclusivo, quindi, comporta una diversa suddivisione circa le scelte spettanti ai genitori da prendere nei confronti dei figli.
Rimarrà però il diritto / dovere di entrambi i genitori di prendere le decisioni maggiore interesse per i figli.
Secondo l’art. 337-ter del Codice Civile, tali si considerano quelle relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e circa la scelta della residenza abituale del minore, che devono essere assunte in ogni caso tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Il genitore affidatario dei figli, che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale su di essi, deve comunque attenersi alle condizioni determinate dal giudice e favorire il rapporto del figlio con l’altro genitore, a meno che non vi siano contrarie indicazioni del magistrato, giustificate da motivi di particolare gravità.
Il genitore non affidatario, non solo ha il diritto e il dovere di vigilare sulla istruzione ed educazione dei minori, ma può rivolgersi al giudice in tutti i casi in cui ritenga che siano state prese delle decisioni pregiudizievoli al loro interesse. Egli conserva, inoltre, il diritto di frequentare i figli in base ai tempi e ai modi di permanenza del minore stabiliti dal giudice, in ragione del diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo sia con la madre che con il padre.
La legge non individua dei casi specifici in presenza dei quali il giudice è tenuto a disporre l’affido esclusivo ad uno solo dei genitori. In ogni caso, per consolidata giurisprudenza si ritiene che egli possa prevedere tale forma di affidamento quando:
– rilevi la sussistenza di un oggettivo pregiudizio per il minore nell’applicare la regola generale dell’affido condiviso ad entrambi i genitori;
– accerti l’ inidoneità o l’incapacità a prendersi cura ed educare i figli da parte di uno dei genitori (ciò, ad esempio, potrebbe essere quando una dei genitori abbia una condotta di vita anomala e pericolosa);
– constati che vi è il categorico rifiuto del minore di avere rapporti con uno dei genitori.
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