La pensione di reversibilità tra coniuge superstite e coniuge divorziato
È la sezione lavoro della Corte di Cassazione con ordinanza n.8263 del 28 aprile 2020 a pronunciarsi sul tema.
Appare utile, in via introduttiva, premettere che la pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale da erogarsi in favore dei superstiti quali il coniuge, i figli e – in difetto dei precedenti beneficiari- i genitori o i fratelli o le sorelle non coniugati, in caso di morte di un lavoratore assicurato o pensionato. Se è pacifico che tale prestazione spetti al coniuge separato in virtù dell’esistenza del rapporto coniugale, è bene ricordare che anche il coniuge divorziato ne ha diritto a condizione che, al momento del decesso, l’ex coniuge sia titolare di un assegno divorzile fruibile in concreto. Tanto premesso, occorre evidenziare che il coniuge divorziato vanta un diritto al trattamento pensionistico della reversibilità – benché limitatamente ad una quota di esso- anche in presenza del coniuge superstite. In caso di concorso, quindi, sia il coniuge superstite che il coniuge divorziato sono titolari di un diritto autonomo e di pari grado da ripartire secondo criteri di riferimento dettati dalla legge sul divorzio.
Sebbene giurisprudenza consolidata abbia sempre individuato nella durata dei rispettivi matrimoni, ex art. 9, comma 3, legge 898/1970, il criterio per ripartire le quote spettanti ai rispettivi beneficiari, l’ordinanza n.8263 introduce ulteriori parametri per dare concreta attuazione al principio solidaristico sotteso all’istituto della reversibilità. La vicenda che ha condotto a tale pronuncia vedeva la coniuge divorziata convenire in giudizio sia la coniuge superstite che l’ente erogatore della pensione di reversibilità per il riconoscimento della misura del 70% del totale, atteso il matrimonio trentennale terminato nel 2000 e l’attuale erogazione di un assegno divorzile a suo favore.
La coniuge superstite eccepiva l’integrazione del parametro della durata con ulteriori criteri quali il tenore di vita garantitole in costanza di matrimonio oltre al lungo periodo di convivenza precedente alle seconde nozze. Atteso che la Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado riconoscendo 2/3 della reversibilità in favore dell’ex moglie, la coniuge superstite adiva la Cassazione che ne accoglie i motivi di doglianza, chiarendo che la valutazione del giudice non si riduce ad un mero calcolo aritmetico, e deve essere effettuata, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.
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