La violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale in caso di separazione può configurare illecito civile che da diritto al risarcimento del danno in favore del coniuge tradito
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4470, emessa in data 23 Febbraio 2018.
La vicenda trae origine dalla sentenza del Tribunale di Roma che dichiarava la separazione giudiziale dei coniugi addebitata al marito per le condotte contrarie ai doveri coniugali tenute durante il matrimonio.
Proprio per queste, infatti, la moglie avanzava richiesta di risarcimento, asserendo i danni morali causati da comportamenti lesivi di diritti costituzionalmente garantiti, quali la dignità, la riservatezza, l’onore e la reputazione, la privacy, la salute e l’integrità psicofisica. La domanda viene rigettata in entrambi i gradi del giudizio di merito.
La difesa della sig.ra propone, dunque, ricorso per Cassazione eccependo la violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., ossia lamentando che la Corte d’Appello, tenuto conto che le condotte del marito avevano leso i diritti fondamentali della stessa, avrebbe dovuto riconoscerle il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati.
La Suprema Corte si Cassazione in questa occasione dichiara il ricorso inammissibile, chiarendo, tuttavia, per via incidentale che «i doveri derivanti ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, ben può integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’ art. 2059 c.c. (Cass., sez. I, sentenza del 15 settembre 2011, n. 18853)».
Il riconoscimento del danno non patrimoniale deve però essere specificatamente provato, sia in merito alla sua spettanza, sia per quanto riguarda la sua quantificazione: quindi, affinché si configuri una responsabilità risarcitoria, oltre all’addebito della separazione è necessario che siano dimostrati la concreta violazione del dovere coniugale, la sussistenza del danno ingiusto e la prova del nesso causale tra violazione commessa e danno procurato.
In particolare l’infedeltà «per le sue modalità e in relazione alla specificità del caso concreto, deve aver dato luogo a una lesione della salute, oppure, per le sue modalità deve aver trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto» (Cassazione, sentenza n. 18853 del 2011).
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