L’affidamento del minore ai servizi sociali costituisce una misura a tutela del minore stesso che può essere disposta anche in presenza di forte conflittualità tra i genitori che non consente al figlio di preservare rapporti equilibrati e continuativi con entrambe le figure genitoriali di riferimento

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La misura dell’affidamento del minore al Servizio Sociale territorialmente competente –  intesa come limitazione dei poteri decisori del genitore con riferimento alle scelte che riguardano il figlio nei diversi ambiti – trova la sua ragion d’essere nella necessità di tutelare il minore, senza che necessariamente sia disposto il suo allontanamento dalla famiglia di origine, da comportamenti dei genitori, colposi o dolosi che ledono i diritti del figlio (alla salute, alla educazione, ad uno sviluppo armonico della personalità, ad avere rapporti sereni e continuativi con l’altro genitore e con i membri della famiglia anche allargata, etc.), violando il dovere di istruire, mantenere ed educare il figlio medesimo, doveri sanciti dagli artt. 147 e 148 c.c.

La designazione dell’ente pubblico, per l’esercizio della responsabilità genitoriale, in sostituzione dei genitori, in applicazione dell’art. 333 c.c. comporta che sia l’ente di riferimento ad avere la facoltà di decidere per il minore, anche e soprattutto dirimendo contrasti insorti tra i genitori. L’applicazione dell’art. 333 c.c. ha proprio questa funzione: si affida il minore all’ente perché la conflittualità tra i coniugi è talmente patologica che, in difetto di intervento permanente del Comune, vi sarebbero continuamente controversie, litigi, processi pendenti (per la salute, l’istruzione, la residenza, i tempi di permanenza con il genitore non collocatario e per ogni altra questione travolta dal conflitto).

Tale provvedimento, che può essere disposto nell’ambito dei procedimenti indicati nell’art. 337 bis c.c. viene nella prassi applicato in tutte le ipotesi in cui occorra superare difficoltà manifestate dai genitori nell’esercizio della responsabilità genitoriale. Nella maggioranza dei casi ciò accade quando entrambi i genitori presentino carenze genitoriali, ma il loro grado di inadeguatezza non sia tanto elevato da imporre la permanenza del minore al di fuori del contesto familiare. Ipotesi che di fatto si verifica quando sia elevata la conflittualità genitoriale e, a prescindere dalla imputabilità di questa condotta all’uno o all’altro genitore, occorra garantire al minore il pieno diritto alla bigenitorialità.

L’affidamento del minore all’ente pubblico costituisce una grave limitazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale e deve essere adottata solo quando si sia in presenza di determinate condizioni, ovvero di comportamenti dei genitori che rechino pregiudizio ai figli, comportamenti che i genitori non modificano pur dopo prescrizioni ed interventi da parte della Autorità Giudiziaria, previa una valutazione approfondita, quindi, della possibilità o capacità dei genitori di accedere ad una relazione di aiuto ed accettare i sostegni proposti. Nei provvedimenti, dunque, dovrebbe sempre essere specificato il contenuto dell’affido, ovvero in relazione a quali scelte è precluso al genitore decidere (decisioni attinenti la sfera educativa o relative alla salute; decisioni relative ai rapporti con l’altro genitore separato) nel rispetto, in ogni caso, del principio di gradualità e proporzione che deve sempre ispirare l’azione del giudice nel rimuovere le situazioni di pregiudizio per i minori. Il Giudice, pertanto, deve con estrema chiarezza determinare i limiti dell’esercizio della responsabilità genitoriale da parte dei genitori ed i poteri spettanti all’ente pubblico affidatario della prole, dal momento che può aversi affidamento al Comune con permanenza del minore nella propria famiglia di origine, ovvero affidamento al Comune con collocamento presso una comunità oppure presso un’altra famiglia.

Tale strumento viene spesso utilizzato dai Tribunali per far fronte al comportamento del genitore con cui il figlio vive prevalentemente, volto ad ostacolare l’esercizio della genitorialità e ad impedire all’altro genitore di mantenere e preservare il proprio rapporto con il minore, anche in seguito alla disgregazione del vincolo familiare. In presenza di un simile comportamento alienante, l’unica soluzione che può essere efficacemente adottata dal Tribunale consiste nell’affidamento del minore ai Servizi Sociali competenti, che intervenendo nella gestione delle visite al minore, attraverso un apposito percorso psicoterapico, consente al genitore, estromesso dalla vita del figlio, di potersi riavvicinare ad esso e riprendere ad esercitare regolarmente il proprio diritto/dovere di visita.

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