L’affidamento esclusivo alla madre con incontri protetti dei figli con il padre alla presenza degli operatori dei servizi sociali per il recupero della funzione genitoriale costituisce una deroga alla regola dell’affidamento condiviso

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La pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero sulla manifesta carenza dell’altro genitore. La regola dell’affidamento condiviso dei figli è derogabile solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore.

Sulla base di tale consolidato principio la Suprema Corte di Cassazione ha deciso di confermare l’affidamento esclusivo della figlia alla madre disposto in secondo grado, a causa del comportamento disinteressato ed inaffidabile del padre che per anni aveva omesso di contribuire al mantenimento della figlia, senza che risultassero condizioni economiche ostative, cessando altresì da anni di incontrare la bambina ed interrompendo volutamente il percorso di avvicinamento alla piccola che era stato predisposto dai servizi territoriali su incarico del giudice istruttore di primo grado all’esito di due consulenze tecniche d’ufficio che avevano consigliato un percorso mediato e protetto, almeno nella prima fase, di incontri padre-figlia.

La vicenda in esame trae origine dal caso di un padre il quale si era visto in appello affidare in via esclusiva la figlia minore alla madre e, con ulteriore limitazione della responsabilità genitoriale di quest’ultimo, incaricare i servizi socio-assistenziali educativi di vigilare sulla situazione della figlia e di predisporre un progetto di ripresa delle relazioni con il genitore. L’uomo ricorreva in Cassazione lamentando l’esclusione dell’affido condiviso, nonché la grave limitazione del suo diritto a frequentare la figlia, ritenendo all’uopo mancante qualsiasi elemento relativo alla sua incapacità genitoriale.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, precisando che in tema di affidamento dei figli minori, viene operata dal giudice una valutazione prognostica nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, tenendo in considerazione il modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i loro compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché la personalità del genitore, le sue consuetudini di vita e l’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore.

La regola dell’affidamento condiviso dei genitori è  derogabile qualora la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, alla luce di gravi motivi di inidoneità educativa o di manifesta carenza dell’altro genitore, reputato non in grado di assumersi tale importante compito.

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha valutato tutta una serie di elementi, quali la circostanza che il padre da anni non contribuiva più al mantenimento della minore, pur non trovandosi in difficoltà economiche; aveva smesso da diversi anni di fare visita alla bambina, interrompendo persino il percorso di avvicinamento alla piccola che era stato predisposto dai servizi territoriali su incarico del giudice istruttore di primo grado, riscontrando un comportamento da parte di quest’ultimo gravemente lesivo dei doveri inerenti alla responsabilità genitoriale.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte territoriale ha ritenuto seriamente pregiudizievole per la minore l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale al padre anche per gli atti che avrebbero riguardato la vita quotidiana della figlia. Ad ogni modo, la Corte d’Appello ha voluto lasciare al padre la possibilità di rimediare ai propri errori, revocando la sospensione della facoltà di visita, stabilendo una ripresa dei rapporti che potrà attuarsi solo su richiesta del padre e previa valutazione degli operatori specializzati.

In sostanza, i giudici hanno lasciato aperto uno spazio per la ripresa dei rapporti, nella prospettiva di un auspicabile recupero della funzione genitoriale ovvero di una modifica degli atteggiamenti dell’uomo, senza escludere la possibilità di un futuro ripristino dell’affidamento condiviso.

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