L’assegnazione della casa coniugale al coniuge presso il quale sono collocati i figli permane anche in seguito al decesso dell’obbligato al mantenimento ed è opponibile al terzo acquirente dell’immobile se trascritto

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Il diritto di abitazione non può dirsi venuto meno per effetto della morte dell’ex coniuge, divorziato, dell’assegnatario, affidatario della prole, trattandosi di un diritto personale di godimento del tutto particolare, che in funzione del “vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli” si estingue soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno determinato l’assegnazione (la morte del beneficiario dell’assegnazione, il compimento della maggiore età dei figli o il conseguimento da parte degli stessi dell’indipendenza economica, il trasferimento altrove della loro abitazione) ovvero a seguito dell’accertamento delle circostanze di cui all’art. 337 sexies c.c. legittimanti una revoca giudiziale, quali il passaggio a nuove nozze oppure la convivenza more uxorio del genitore assegnatario ovvero la mancata utilizzazione da parte dell’assegnatario, sempre previa valutazione dell’interesse prioritario dei figli.

A stabilirlo è la Suprema Corte di Cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza n. 772/2018 in riferimento al caso del terzo acquirente del bene immobile, assegnato in qualità di casa coniugale all’ex moglie del di lui fratello, presso la quale erano collocati i figli minori della coppia, che aveva intentato nei confronti di quest’ultima una causa di rilascio, unicamente in ragione del decesso dell’altro coniuge obbligato al mantenimento, sul presupposto che la donna dovesse abbandonare l’immobile essendo venuto meno, per effetto del decesso dell’ex divorziato, l’obbligo di mantenimento dei figli e del correlato diritto del coniuge affidatario all’assegnazione della casa coniugale.

Il ricorrente, infatti, aveva convenuto innanzi al giudice, la ex moglie del di lui fratello, deceduto nelle more, per chiedere che la stessa rilasciasse l’appartamento che le era stato assegnato a seguito della separazione, in qualità di genitore affidatario dei figli minorenni.

In epoca successiva al provvedimento presidenziale (immediatamente trascritto nei pubblici registri) di assegnazione, poi confermato in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio, l’uomo era infatti divenuto proprietario esclusivo del bene pur consapevole del vincolo di destinazione a casa familiare.

I giudici di appello, contrariamente a quello di primo grado, avevano respinto la domanda ritenendo che il decesso del coniuge obbligato non avesse alcun rilievo nei rapporti tra l’ex moglie assegnataria dell’immobile ed il fratello del marito, divenuto nel frattempo proprietario dell’immobile, in quanto il defunto aveva già da tempo ceduto la quota di sua spettanza dell’intero fabbricato al fratello, dopo il provvedimento di assegnazione ed essendo il rapporto tra coniuge assegnatario e terzo acquirente (in epoca successiva all’assegnazione) disciplinato da norme poste a tutela dell’interesse superiore della prole.

Una decisione confermata in Cassazione ove i giudici rammentano come il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli, dei quali va tutelato l’interesse a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, mantenendo consuetudini di vita e relazioni sociali.

In seguito all’intervenuto provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge, all’epoca separato, affidatario in esclusiva della prole, il terzo successivo acquirente è tenuto, negli stessi limiti di durata nei quali è a lui opponibile il provvedimento stesso, a rispettare il godimento del coniuge del suo dante causa, nello stesso contenuto e nello stesso regime giuridico proprio dell’assegnazione, quale vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli.

Pertanto, il terzo successivo acquirente dell’immobile, già adibito a casa familiare prima della separazione, assegnato al coniuge affidatario della prole all’epoca minorenne, con provvedimento giudiziale, immediatamente trascritto nei pubblici registri, confermato in sede di sentenze di separazione personale e cessazione degli effetti civili del matrimonio, non può opporre, a sostegno della domanda di condanna al rilascio, il solo decesso dell’ex coniuge divorziato dante causa.

Nella fattispecie, spiega la Corte, l’assunto del ricorrente volto a correlare la permanenza del diritto di abitazione nella casa familiare in capo al coniuge affidatario della prole, all’esistenza in vita dell’altro coniuge, il quale abbia, già da tempo, alienato l’immobile in oggetto, in quanto soggetto obbligato al mantenimento della prole, vanificherebbe la portata della opponibilità al terzo successivo acquirente del provvedimento di assegnazione della casa familiare per effetto della sua trascrizione.

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