L’assegnazione della casa familiare in caso di separazione o divorzio conferisce al genitore presso il quale sono collocati i figli minori un diritto personale di godimento

Al fine di tutelare il diritto dei figli minori di conservare il c.d. habitat domestico in caso di separazione dei coniugi la casa familiare viene assegnata al genitore presso il quale vengono collocati i figli minori, al fine di non allontanarli dal luogo dove hanno concentrato i loro affetti e ricordi di infanzia.

Si ritiene importante evidenziare che l’assegnazione della casa coniugale può essere fatta valere nei confronti dei terzi creditori dell’altro coniuge nel caso in cui l’assegnazione venga trascritta nei registri immobiliari prima dell’iscrizione dell’ipoteca da parte del creditore. Infatti, l’opponibilità ai terzi dell’assegnazione della casa familiare segue le norme in materia di trascrizione.

Quindi, se l’iscrizione dell’ipoteca ha data anteriore alla trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare, il creditore ipotecario prevale sul coniuge assegnatario ed ha diritto di riottenere l’immobile anche mediante esecuzione forzata.

Ove l’assegnazione non sia trascritta, il Giudice può comunque applicare la disposizione di cui all’art. 1599 c.c. e garantire al genitore assegnatario della casa familiare l’opponibilità del proprio diritto ad abitare per almeno nove anni nei confronti dei terzi che vantano diritti sulla casa.

In caso di vendita della casa familiare la Corte Suprema di Cassazione (cfr. sentenza n. 17971/2015) ha stabilito che anche se l’acquisto del terzo è trascritto prima della trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare, il coniuge o il convivente assegnatario può comunque opporre il proprio diritto al terzo acquirente in quanto titolare di una detenzione qualificata del bene cronologicamente preesistente all’alienazione.