L’assegno divorzile una tantum rappresenta la migliore soluzione per il coniuge obbligato al versamento dell’assegno divorzile in quanto consente di chiudere definitivamente ogni questione economica relativa alla precedente separazione
Secondo quanto stabilito dall’art. 5 della Legge n. 989/70 sul divorzio, il coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno divorzile ha la possibilità – qualora l’altro coniuge vi acconsenta – di effettuare un unico versamento c.d. una tantum, in alternativa all’assegno periodico mensile.
I presupposti per la corresponsione in un’unica soluzione dell’assegno divorzile vengono individuati pertanto a) nell’accordo delle parti; b) nella preventiva valutazione del Tribunale che la deve ritenere equa.
A tal fine il Tribunale deve tenere conto dei seguenti fattori: 1) idoneità dell’importo; 2) diritto all’assegno; 3) assenza di adeguati mezzi di sostentamento del coniuge beneficiario; 4) tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio; 5) situazione economica di entrambi i coniugi.
La legge sul divorzio prevede che in caso di corresponsione dell’assegno di divorzio in un’unica soluzione, il coniuge beneficiario non possa più proporre alcuna successiva domanda di contenuto economico e ciò proprio in virtù del carattere dispositivo dell’attribuzione, che comporterebbe la sua sottoposizione alle norme sui contratti e non più a quelle sull’assegno di divorzio. La corresponsione una tantum è subordinata all’accordo delle parti che deve intercorrere al momento della proposizione della domanda di divorzio o in un momento successivo.
La giurisprudenza prevalente ritiene che la corresponsione una tantum possa concretizzarsi, oltre che nel pagamento di una determinata somma di denaro, anche nell’attribuzione di beni mobili o immobili in proprietà o in godimento, o nell’impegno al trasferimento di tali diritti (cfr. Cassazione civile n. 12939/2003). Mediante l’accordo delle parti si realizza un negozio transattivo e aleatorio, la cui efficacia rimane, comunque, subordinata all’approvazione da parte del Tribunale. Ci troviamo, pertanto, di fronte ad un contratto atipico con la conseguenza che le successive vicende personali dei coniugi diventano irrilevanti rispetto ai diritti che ne formano oggetto, dovendosi applicare le norme sui contratti e non le norme in tema di assegno periodico di divorzio.
La legge predispone inoltre una serie di “garanzie” per l’ex coniuge cui viene riconosciuto il diritto all’assegno divorzile, garanzie finalizzate al soddisfacimento del credito (articolo 8, legge 898 del 1970): 1) il giudice può imporre all’obbligato (qualora vi sia pericolo che questi si sottragga all’adempimento dei propri obblighi) di prestare garanzia idonea, reale o personale; 2) la sentenza di divorzio è immediatamente esecutiva e costituisce titolo per iscrivere una ipoteca giudiziale; 3) in caso di inadempimento, il coniuge beneficiario dell’assegno divorzile, dopo aver inviato una raccomandata A/R di messa in mora, può direttamente notificare la sentenza di divorzio (o il provvedimento successivo di revisione dell’assegno) a terzi che siano tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro all’ex coniuge (datori di lavoro, enti erogatori di trattamenti pensionistici, inquilini di immobili di proprietà dell’obbligato, ecc.); 4) l’obbligato che si sottrae al pagamento può inoltre essere perseguito penalmente ai sensi dell’articolo 570 del codice penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Appare evidente, pertanto, il vantaggio per il coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno divorzile una tantum, soluzione che gli consente di poter chiudere definitivamente ogni rapporto con l’ex coniuge, mettendosi al riparo da eventuali e successive richieste economiche, che nel caso di assegno periodico possono sempre essere formulate con il mutare della situazione reddituale dei coniugi.
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