Lavoro subordinato, lavoro autonomo: la giurisprudenza individua gli indici rivelatori della subordinazione
Ogni attività umana economicamente rilevante può essere indifferentemente oggetto sia di un rapporto di lavoro autonomo che subordinato e l’identificazione del lavoro dipendente può essere fatta solo in presenza dell’elemento della subordinazione.
Le parti possono però, rispetto ad una prestazione che può essere svolta sia subordinatamente che autonomamente, qualificarla in un modo o nell’altro. Il lavoratore che intende agire in giudizio per far valere la subordinazione del rapporto deve dimostrare l’esistenza della subordinazione stessa nelle modalità di svolgimento del rapporto, anche se lo stesso è stato instaurato in “nero” e quindi senza alcun supporto di documentazione.
Tale subordinazione, tuttavia, non sempre risulta di immediata percezione. In molti casi, infatti, rapporti lavorativi qualificati contrattualmente come autonomi si risolvono invece in veri e propri rapporti di natura subordinata.
Al fine di consentire al lavoratore di tutelare i propri diritti e di ottenere il riconoscimento della natura subordinata del lavoro svolto, la giurisprudenza di merito e di legittimità ha, nel tempo, individuato gli elementi che consentono di procedere alla corretta qualificazione del rapporto in questione, a prescindere dalla definizione che ne sia stata data dalle parti.
Il principale indice rivelatore della subordinazione si identifica nella eterodirezione, o subordinazione tecnico funzionale, da intendersi come vincolo di natura personale che assoggetta il lavoratore al potere direttivo del datore, con conseguente limitazione alla sua autonomia.
La qualificazione del rapporto operata dalle parti al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro non preclude, pertanto, al lavoratore la possibilità di agire in giudizio per far valere la subordinazione del rapporto. Ciò che rileva è, infatti, la sussistenza del potere direttivo, organizzativo e disciplinare al quale il lavoratore deve essere soggetto, ove si esplichi con ordini specifici e non semplici direttive di carattere generale.
Gli ulteriori elementi che secondo la giurisprudenza possono rivelare l’esistenza di un vincolo di subordinazione sono costituiti: dall’osservanza di un certo orario di lavoro, il pagamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, l’assenza di rischio d’impresa, l’utilizzazione di strumenti di lavoro dell’azienda e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro, il coordinamento effettuato dal datore di lavoro e infine l’applicabilità di sanzioni disciplinari.
Pur trattandosi di criteri sussidiari, possono costituire indici rivelatori della subordinazione, idonei anche a prevalere sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle parti, ove incompatibili con l’assetto previsto dalle stesse.
Nei casi in cui la natura particolare della prestazione svolta rende più complessa l’attività di indagine che il Giudice andrà a compiere circa la sussistenza della eterodeterminazione (ad esempio, ove siano prestazioni di natura intellettuale) la prova degli indici sussidiari assume valore discriminante.
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