Le elargizioni di denaro tra coniugi possono costituire un’ipotesi di mutuo gratuito, quando si riesca a dimostrare che i prestiti effettuati al coniuge non sono stati destinati a far fronte alle esigenze della famiglia, con conseguente obbligo di restituzione
Il ricorso a prestiti tra familiari, parenti ed amici, quale forma di sostegno per far fronte a particolari necessità o situazioni contingenti, assume la forma prevista dall’art. 1813 c.c. per il mutuo gratuito, consentendo di escludere che l’elargizione possa essere interpretata come una donazione o che il concedente possa maturare interessi (c.d. prestiti infruttiferi). La circostanza che tra le parti sussista un rapporto di coniugio e/o di parentela, non esclude difatti l’applicabilità della regola della restituzione delle somme versate a favore dell’altro coniuge e/o parente, qualora si dimostri che tali somme non sono state utilizzate per far fronte al ménage familiare, ma per altri scopi estranei a tale finalità (cfr. ex plurimis Cass. n. 1277 del 22/01/2014; n. 11330 del 15/05/2009).
A tale prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, si richiama anche il Tribunale di Roma in una recente pronuncia, relativa alla vicenda riguardante una moglie che agiva nei confronti del marito, dal quale si stava separando, per ottenere la condanna da parte del Tribunale alla restituzione delle somme di denaro prestate allo stesso in costanza di matrimonio, per consentire al medesimo l’avvio di un’attività imprenditoriale. Più precisamente, la donna deduceva di avere prestato al consorte, in più riprese, un considerevole importo pari a circa € 70.000,00=, mediante versamenti eseguiti con bonifici bancari di cui produceva le relative ricevute. Dalle causali dei bonifici emergeva che i versamenti di denaro erano stati destinati tutti a finanziare l’avvio, da parte del marito dell’attività imprenditoriale intrapresa nel settore dolciario, con diretta assunzione da parte di quest’ultimo dell’obbligo di restituzione.
I giudici capitolini escludevano, pertanto, che i versamenti di denaro effettuati dalla moglie in favore del marito, potessero costituire donazioni di modico valore, ai sensi dell’art. 783 c.c., così come sostenuto dal convenuto, in quanto si trattava di somme di denaro di importo piuttosto elevato, trasferite sul conto corrente del consorte e/o della società da quest’ultimo costituita in più soluzioni, mediante bonifici bancari di € 20.000,00= e/o € 10.000,00= per volta, in un arco temporale piuttosto circoscritto, per le quali sarebbe stata necessaria, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico.
Appare evidente – secondo il Tribunale – come le somme di denaro, erogate dalla consorte siano state finalizzate esclusivamente al finanziamento dell’attività imprenditoriale esercitata dal marito, mediante la costituzione di una società, anziché essere destinate a far fronte alle esigenze familiari.
Come riconosciuto da un consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, i prestiti tra coniugi si considerano irripetibili, solamente qualora si tratti di contributi destinati a far fronte al dovere di solidarietà reciproca o di mutuo soccorso, elemento imprescindibile del rapporto di coniugio, che avviene generalmente nell’interesse della famiglia (cfr. ex plurimis Cass. n. 12251 del 28/05/2009).
In base agli accordi intercorsi tra i coniugi, la restituzione delle somme erogate da parte della moglie sarebbe dovuta avvenire non appena l’attività, intrapresa dal marito, si fosse avviata.
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