Le indagini psicologiche sulla personalità dei genitori: sono davvero utili ai fini della valutazione dell’idoneità genitoriale?
In Italia è prassi sempre più diffusa da parte dei giudici di servirsi delle Consulenze Tecniche di Ufficio (CTU) per compiere indagini tecniche, di natura psicologica/medica, al fine di valutare l’idoneità dei genitori separati e decidere in merito all’affidamento e collocamento dei figli minori.
Che cosa si intende per “idoneità genitoriale” non è però univoco, essendovi incertezza anche tra gli addetti ai lavori, che tendono a confondere il significato psicologico con il concetto giuridico. Il primo si basa essenzialmente sulla personalità del genitore e sulle sue determinate capacità psicologiche di svolgere la funzione genitoriale; il secondo richiama esclusivamente la capacità del genitore di rispettare i diritti del figlio nei casi di disgregazione del vincolo familiare.
Nelle CTU si assiste – nella maggior parte dei casi – ad una vera e propria valutazione della personalità di entrambi i genitori (corredata da diagnosi medica/psicologica), anche attraverso l’utilizzo di test psicologici di personalità (Rorschach, MMPI, Millon, STAI, Test dell’albero, Test della pioggia, Test della Famiglia, Test della Figura Umana, Test della Figura Aliena. Addirittura, anche la WAIS perché valutare il Q.I. dei genitori è indispensabile per comprendere se siano bravi genitori).
Al termine delle operazioni peritali, il CTU deposita un vero e proprio trattato di psicologia/psichiatria, concentrato maggiormente sugli aspetti clinici dei genitori – e talvolta del figlio – concludendo con il classico suggerimento di prescrivere una psicoterapia familiare e una psicoterapia individuale per i genitori.
A cosa serve l’analisi approfondita della personalità dei genitori, premesso che il CTU deve poi essere in grado di correlare le suddette valutazioni con le capacità genitoriali che non possono essere valutate da nessun test psicologico? Per intendersi: un “buon” Rorschach non implica necessariamente l’essere in grado di fare il genitore, così come un disturbo di personalità non ne inficia l’idoneità genitoriale.
Molto spesso, invece, si cerca di profilare la personalità del genitore etichettando ora questo ora quel disturbo, come ad esempio nei casi di alienazione parentale in cui il genitore dominante viene spesso descritto, in termini clinici, come un narcisista.
Si assiste, inoltre, frequentemente a consulenze in cui il CTU evita di effettuare gli incontri congiunti (genitori-figlio) oppure, addirittura, anche quelli di coppia per un’alta conflittualità tra le parti: ma è proprio per questo che il Giudice nomina un esperto psicologo, affinché gestisca i conflitti tra i genitori.
Detto ciò, appare necessario che il CTU concentri le sue attività peritali soprattutto sulle relazioni dei membri della famiglia divisa, prevedendo gli incontri congiunti (genitori-figlio, padre-figlio, madre-figlio, con la coppia genitoriale) e approfondendo i tratti di personalità dei genitori (anche tramite test) solo nel caso in cui vi sia un sospetto di psicopatologia che possa pregiudicare le capacità genitoriali. Solo in questo caso può essere utile il “trattato di psicologia” perché il CTU deve ben motivare come il disturbo del genitore potrebbe inficiare le sue capacità genitoriali, quindi rappresentare un fattore di rischio per il benessere del figlio, suggerendo, di fatto, un affidamento esclusivo all’altro genitore.
Altra prassi molto diffusa nei Tribunali italiani è la cura della salute dei genitori. Sulla base del medesimo ragionamento già esposto in merito all’idoneità genitoriale, si ritiene che la personalità dei genitori generi il conflitto coniugale che, a sua volta, genera un pregiudizio sul figlio, per cui, per evitare il conflitto, è necessario curare i genitori intervenendo sulla loro personalità.
La maggior parte delle CTU, infatti, si conclude con un suggerimento al Giudice di prescrivere ai genitori di intraprendere un trattamento sanitario di tipo psicologico, il più delle volte un sostegno psicologico alla genitorialità e/o una psicoterapia.
Tale pratica, oltre a non tenere in debita considerazione la posizione del figlio, che rimane sempre sullo sfondo, si pone anche in contrasto con quanto previsto dall’art. 32 della Costituzione, che sancisce il diritto fondamentale di ciascun individuo di non subire alcun trattamento sanitario contro la propria volontà, se non disposto per legge.
Per tal motivo, non è possibile imporre alcun trattamento sanitario in capo ai genitori, neanche laddove il loro conflitto venga ritenuto pregiudizievole per la salute psicofisica del figlio, partendo dal presupposto che in nessun modo si potrebbe garantire un “cambiamento” dei genitori e che, in ogni caso, mentre i genitori cercano di cambiare in modo “spontaneo” (spinti dal Tribunale ad intraprendere in modo spontaneo un intervento psicologico), i diritti del figlio continuerebbero ad essere violati.
Alla luce di queste osservazioni, appare evidente come sia necessario compiere un cambio di prospettiva: dai genitori al figlio. È su quest’ultimo che le indagini peritali dovrebbero incentrarsi con l’obiettivo di indagare sul suo punto di vista, sui suoi bisogni e sulla sua salute psicofisica. È dal figlio che bisognerebbe partire per giungere ad una conclusione di idoneità genitoriale.
Una delle prime valutazioni che il CTU dovrebbe svolgere è l’effettiva possibilità per entrambi i genitori di frequentare, con pari opportunità, il figlio (c.d. “criterio dell’accesso”). Quali sono i bisogni del bambino? Uno dei due genitori ostacola l’accesso del figlio all’altro? Il bambino rifiuta uno dei due genitori: questo rifiuto è immotivato o potrebbe essere frutto di un condizionamento da parte di uno dei due genitori? Quali soluzioni individua il CTU?
Secondo questa differenziazione, il figlio sarebbe centrale e non più periferico all’interno delle indagini peritali che dovrebbero avere esclusivamente l’obiettivo di indagare le condotte, eventualmente pregiudizievoli, dei genitori e le dinamiche relazionali tra i membri della famiglia divisa.
Ciò che dovrebbe interessare al Tribunale non è il motivo delle condotte pregiudizievoli del genitore, ma la loro presenza e le relative ricadute psicologiche sul figlio. In parole semplici al Tribunale non dovrebbe interessare il “perché” di un determinato comportamento di un genitore, ma “come” quel determinato comportamento possa essere lesivo dei diritti del figlio, compiendo in CTU un cambiamento sostanziale: non indagare la personalità del genitore, ma le loro condotte pregiudievoli.
Non è, quindi, il disturbo di personalità che andrebbe rilevato, ma i comportamenti dei genitori, le loro modalità comunicative, le dinamiche relazionali e le relative ricadute psicologiche sul figlio.
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