Mobbing familiare: le condotte ostruzionistiche del genitore collocatario contro il diritto di visita dei figli

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In presenza di separazioni conflittuali, il genitore affidatario può ostacolare l’effettiva frequentazione dei figli con comportamenti quali l’assenza di comunicazione, la costrizione ad incontrare i minori in contesti non familiari sino alla denigrazione della figura genitoriale con la proposizione di denunce strumentali per sottrazione di minore o violenza sessuale.

La fattispecie integra il concetto di mobbing familiare dal momento che tali condotte persecutorie sono finalizzate ad estromettere il genitore dalla vita del figlio.

È il diritto della prole a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ognuno dei genitori ad essere violato con la conseguenza di provocare la svalutazione della figura genitoriale da parte del bambino.

Giova ricordare che il diritto del minore a ricevere cura, istruzione ed educazione da entrambi i genitori oltre a conservare rapporti significativi con ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale merita tutela anche in caso di affidamento esclusivo. Stante la costante possibilità di chiedere la modifica dei provvedimenti relativi le modalità del diritto di visita, le sanzioni previste sono l’ammonizione, la condanna del genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria e la corresponsione del risarcimento dei danni nei confronti del minore. Emerge chiaramente l’inidoneità di tali strumenti ad incoraggiare concretamente le relazioni fra genitore e figlio.

La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, con sentenza 29 gennaio 2013, ha condannato infatti l’Italia per aver reso impossibile al padre la costruzione di una relazione stabile con la figlia, a fronte di misure automatiche e stereotipate predisposte dall’ordinamento

In sede penale è la querela per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice a rappresentare una strada percorribile. La Corte di Cassazione, con pronuncia n. 32562 del 2010, respinge il ricorso presentato da una madre, affidataria della figlia minore, avverso il provvedimento con cui la Corte d’Appello di Bologna l’aveva condannata, ex art. 388 c.p., evidenziando come la condotta materna, consapevole di  sabotare le modalità di visita statuite dal giudice, si realizzi anche con un solo atto che rilevi la dolosa elusione del dovere di rispettare le decisioni sull’esercizio dei diritti inerenti la potestà genitoriale.

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