Niente assegno di mantenimento a carico del padre ed in favore del figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente: il Tribunale di Padova esclude il diritto della madre a ricevere un assegno di mantenimento in favore del figlio di 34 anni
L’onere di provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica – ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso – che grava sul genitore interessato ad ottenere la cessazione dell’obbligo di mantenimento, può essere assolto anche mediante l’allegazione di circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l’estinzione dell’obbligazione dedotta.
Il rigore del suddetto onere probatorio è proporzionale all’avanzare dell’età, sino al punto di non poter essere più assolto in quelle situazioni in cui quell’obbligo deve ritenersi estinto con il raggiungimento di un’età nella quale il percorso formativo, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società (cfr. Cass. Civ. 18076/2014).
Il Tribunale di Padova, con una recente sentenza di separazione giudiziale emessa in data 12/04/2018, recepisce il suddetto orientamento della Suprema Corte di Cassazione, rigettando la richiesta formulata dalla moglie e volta ad ottenere la corresponsione, da parte dell’ex marito, di un contributo al mantenimento al figlio trentaquatrenne della coppia di € 500,00= al mese.
La convenuta deduceva che il figlio, dopo un lungo periodo di iscrizione all’università, si era laureato ormai da alcuni anni in ingegneria dell’automazione, riuscendo successivamente a rinvenire soltanto occupazioni saltuarie e scarsamente remunerative, di conseguenza non poteva ritenersi ancora economicamente autosufficiente.
Il Tribunale ha ritenuto che non fosse possibile obbligare il padre a pagare un assegno in favore del figlio ultra maggiorenne, in quanto, pur essendo vero che l’obbligo del genitore di mantenere il figlio non cessa con la maggiore età e prosegue fino a quando questi sia divenuto economicamente autosufficiente, tale principio deve essere applicato sulla base dei criteri e dei principi di diritto elaborati in sede giurisprudenziale e consolidati secondo le ormai costanti pronunce della Suprema Corte.
In particolare, l’accertamento in ordine al raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio maggiorenne va svolto sulla base di criteri di relatività, caso per caso, in base a criteri di rigore proporzionalmente crescente in base all’età dei beneficiari, in modo da escludere che la tutela della prole possa essere protratta oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura e finisca per tradursi in forme di parassitismo da parte di giovani sempre meno giovani in danno di genitori sempre più anziani (cfr. Cass. Civ. n. 19589/2011; n. 15756/2006 e n. 12477/2004).
Nell’assumere la decisione di rigettare la richiesta di mantenimento del figlio maggiorenne, il Collegio ha attribuito rilevanza alla circostanza che il ragazzo avesse conseguito la laurea ampiamente fuori corso, senza peraltro fornire alcun elemento a giustificazione di tale ritardo, e che ciò nonostante era stato mantenuto dai genitori durante i lunghi anni di università ed anche oltre.
All’età di 34 anni – afferma il Tribunale – egli deve reperire attività lavorative anche non il linea con il proprio percorso di studi, non potendo più essere trattato come “figlio” bensì come “adulto”, dal momento che, anche se non indipendente, ha raggiunto comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c., ma non titolare del diritto al mantenimento.
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