Non accolte le domande della moglie di addebito della separazione e di affidamento esclusivo della figlia minore in quanto infondate
Il Tribunale Civile di Pisa ha recentemente rigettato la richiesta di addebito della separazione tra i coniugi, formulata dalla moglie, condannandola al pagamento delle spese processuali e di consulenza tecnica di parte attrice.
L’avv. Luciano ha assunto le difese del marito che ricorreva al Tribunale adito per chiedere la separazione giudiziale nei confronti della moglie, la quale si costituiva in giudizio avanzando richiesta di separazione con addebito nei confronti del coniuge.
La donna, infatti, fondava la sua richiesta di addebito sulla condotta penalmente illecita del marito che sarebbe consistita in presunte molestie nei confronti della collaboratrice domestica.
Ai fini dell’addebitabilità della separazione, occorre che vi siano due presupposti:
- la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio
- il nesso causale tra la violazione e la crisi coniugale
L’addebito, adducendo la “colpa” della separazione interamente ad un coniuge, ha natura sanzionatoria, comportando conseguenze di natura patrimoniale nei confronti del coniuge su cui ricade. Con esso, il coniuge perde il diritto di percepire l’assegno di mantenimento e perde, altresì, i diritti successori.
La dichiarazione di addebito, come precisato dal Tribunale di Pisa, implica la prova ad esclusivo carico del richiedente (Cass. n. 19328/2015), che la “irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza” (Cass., n.12383/2015).
L’avv. Luciano, nelle memorie prodotte in Giudizio, argomentava le tesi difensive dimostrando la totale strumentalità e infondatezza della denuncia per violenze sessuali ai danni della collaboratrice domestica sporta dalla moglie con il preciso intento di ottenere l’addebito richiesto nei confronti del marito; veniva infatti evidenziata:
- la tardività della denuncia sporta dalla collaboratrice domestica poco prima dell’avvio del procedimento di separazione tra i coniugi
- la totale incongruenza della denuncia con la condotta della persona offesa che ha continuato a prestare servizio per ben cinque anni presso l’abitazione dei coniugi senza lamentare alcunché.
Non contenta, la moglie, avrebbe sporto un’ulteriore denuncia, a pochi giorni dall’udienza presidenziale, sempre nei confronti del marito, per il reato di abusi sessuali ai danni della loro figlia minore; in questo caso la denuncia era strumentale ad ottenere l’affido esclusivo della figlia, come da richiesta avanzata in sede di costituzione nel procedimento di separazione.
Conformemente a quanto dimostrato dall’avv. Luciano, nel caso di specie, anche mediante l’ausilio della Consulenza Tecnica d’Ufficio effettuata, il Tribunale ha sostenuto che: “non vi è alcuna prova né che la condotta ascritta sia stata effettivamente posta in essere e né tanto meno che abbia rappresentato la causa efficiente del fallimento della convivenza”, rigettando, pertanto, la richiesta di addebito avanzata dalla moglie.
La donna fondava infatti la richiesta di addebito esclusivamente sui presunti fatti delittuosi posti in essere dal marito per i quali il Tribunale penale di Pisa ha disposto l’archiviazione.
(cfr. Sentenza Tribunale Civile di Pisa n. 308/23)
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