Per l’adozione dell’assegno divorzile si deve tenere conto dello stile di vita o del tenore di vita dei coniugi?

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Con il venir meno del vincolo matrimoniale si scioglie la comunione legale dei beni tra i coniugi ed anche il fondo patrimoniale, se costituito e se non vi sono figli minori.
Permane, però, un dovere di solidarietà post-coniugale, dal quale scaturiscono determinati effetti di ordine patrimoniale: rimangono invariati i doveri verso i figli, salve le disposizioni in ordine all’affidamento ed all’esercizio della potestà genitoriale ed al verificarsi di determinati presupposti, sorgono obblighi di carattere patrimoniale a carico di un coniuge nei confronti dell’altro.
Tra gli effetti patrimoniali scaturenti dal divorzio può esserci l’obbligo di corresponsione in capo al coniuge economicamente più forte di un assegno divorzile nei confronti dell’altro, il cui fondamento si ravvisa nella rottura definitiva del rapporto coniugale ed in una finalità assistenziale, risarcitoria e compensativa.
L’art. 5 della legge n. 898/70 prevede, infatti, che il Tribunale, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riconosca l’assegno divorzile al coniuge che lo richieda, qualora quest’ultimo, a seguito di sentenza definitiva, non disponga di mezzi di sostentamento adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni obiettive, tenendo conto delle condizioni reddituali di entrambi i coniugi, delle ragioni della decisione di divorzio e del contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare e patrimoniale, valutando, poi, questi elementi in rapporto alla durata del matrimonio.
Presupposto indefettibile per la concessione dell’assegno divorzile è l’inadeguatezza delle risorse economiche del coniuge richiedente: si considerano tali, le situazioni patrimoniali che non consentono a quest’ultimo la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dell’unione.
Per la concessione dell’assegno post- matrimoniale non è necessario, quindi, uno stato di bisogno dell’avente diritto, ciò che rileva è l’apprezzabile deterioramento, a causa del divorzio, delle precedenti condizioni economiche del coniuge richiedente (Cass. Civ. n. 7614/2009).
Ma cosa si intende per “tenore di vita” e cosa lo distingue dal concetto di “stile di vita”?
Si tratta di due concetti ben distinti: lo “stile di vita” è un modus vivendi, una scelta personale dei coniugi che anche in presenza di elevate capacità economiche possono decidere di vivere modestamente.
Il “tenore di vita”, determinato sulla base della disponibilità dei mezzi economici dei coniugi, rappresenta, invece, le potenzialità economiche degli stessi, a prescindere dallo stile di vita scelto o tollerato (Cass. Civ. n.5191/2008).
In materia di attribuzione dell’assegno divorzile, il Giudice guarderà solamente al tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio: l’Autorità Giudiziaria competente valuterà, quindi, il complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendo conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per un rilevante cambiamento di stile di vita conseguente alla sentenza di divorzio (Cass. Civ. n.23442/13).
In conclusione, anche un coniuge economicamente autosufficiente che ha improntato il proprio matrimonio ad uno stile di vita modesto potrebbe vedersi corrispondere dal Giudice del divorzio un assegno divorzile notevole, qualora il tenore di vita dei coniugi, in base alle rispettive capacità patrimoniali poteva essere potenzialmente elevato.

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