Può essere utilizzata anche dai genitori di figli naturali la procedura semplificata prevista in materia di pagamento dell’assegno di mantenimento per i figli legittimi
Di recente è emerso il problema riguardante la possibilità di estendere anche ai figli naturali (i figli, cioè, nati fuori dal matrimonio) la tutela prevista per i figli legittimi dall’art. 8 della disciplina sul divorzio, che consente una procedura rapidissima per ottenere il pagamento dell’assegno di mantenimento del figlio direttamente dal datore di lavoro dell’ex coniuge.
Il dibattito, in particolare, tra origine da una controversia in cui una madre aveva agito in giudizio per ottenere dal Giudice un ordine di pagamento dell’assegno di mantenimento del figlio minore direttamente al datore di lavoro del marito.
Sul punto è intervenuto il legislatore con l’art. 3, comma 2, della l. 219/2012, che si presenta, tuttavia, come una norma ambigua. Essa, infatti, da un lato afferma che è il Giudice a dover ordinare al terzo debitor debitoris (in genere, il datore di lavoro dell’ex coniuge) il versamento delle somme spettanti all’avente diritto; dall’altro, richiama l’istituto previsto dalla sopracitata legge divorzile, il quale consente di non dover ricorrere al Giudice, bastando una mera diffida stragiudiziale al terzo.
Al riguardo si sono formati in giurisprudenza due orientamenti contrapposti:
- un primo orientamento, introdotto dal Tribunale di Milano e successivamente accolto anche dal Tribunale di Modena, favorevole all’ estensione alla tutela dei figli naturali della corrispondente fattispecie introdotta in materia divorzile: questo orientamento esclude quindi che occorra l’intervento del Giudice e ritiene per ciò sufficiente la mera diffida stragiudiziale.
- un secondo orientamento, seguito dal Tribunale di Bari, il quale, al contrario, ritiene sia necessario un apposito provvedimento del Giudice.
A favore della prima tesi, vi sarebbero diversi argomenti:
- in primo luogo, vi è la necessità di aderire alla finalità della stessa l. 219/2012: la parificazione del trattamento dei figli naturali con i figli legittimi. Sarebbe, infatti, in palese contrasto con questo scopo andare a consentire ai genitori di figli legittimi di richiedere una semplice diffida stragiudiziale al terzo ed imporre ai genitori dei figli naturali un ordine di distrazione del Giudice;
- in secondo luogo, a rafforzare ulteriormente questa interpretazione concorre la volontà dello stesso legislatore emergente dai lavori parlamentari, dai quali si desume chiaramente la volontà di estendere alle nuove controversie la disciplina prevista per il divorzio per i figli legittimi anche ai figli naturali. Appare, quindi, conseguenza logica l’estensione della procedura “semplificata” sopracitata ai figli nati da coppie non coniugate;
- infine l’interpretazione che riconosce l’esperibilità della procedura stragiudiziale sembra essere suggerita, altresì, dal principio di ragionevole durata del processo: principio che deve essere salvaguardato tramite accorgimenti che consentano di deflazionare il carico giudiziario e non di appesantirlo con nuovi modelli processuali.
La tesi contrapposta ritiene, al contrario, di dover escludere l’estendibilità della mera diffida stragiudiziale ai figli naturali, basandosi sul richiamo letterale dell’art. 3 ad un “ordine del Giudice” e con ciò, quindi, non prendendo posizione sull’ambiguità della stessa norma nella misura in cui essa dispone, altresì, l’applicazione delle procedure del rito divorzile.
Considerando che quest’ultima linea interpretativa (fino ad ora isolata) non applica una parte fondamentale ed imprescindibile dello stesso art. 3, comma 2, della l. 219/2012 sopracitato (cioè il richiamo alla disciplina divorzile) ed in secondo luogo si pone in netto contrasto con le finalità della disciplina medesima, con l’intento stesso del legislatore emergente dai lavori parlamentari ed, altresì, con lo stesso principio di ragionevole durata del processo, sembra più opportuno aderire all’orientamento fatto proprio dal Tribunale di Milano.
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