Responsabilità medica: l’onere probatorio è a carico della struttura ospedaliera e l’irregolarità nella tenuta delle cartelle cliniche costituisce un elemento presuntivo di negligenza

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La pronuncia della Cassazione n. 6209/2016 prende avvio dalla vicenda che ha visto coinvolti i genitori di una neonata che, a causa di un’asfissia perinatale subita al momento del parto, ha subito delle gravissime lesioni permanenti che le hanno causato una tetraparesi e gravi danni neurologici.

I genitori hanno chiesto il risarcimento del danno alla struttura sanitaria per inadeguata assistenza alla partoriente, durante il parto, e successivamente ad esso, alla neonata, che, a causa di tali negligenze, è quindi incorsa in gravissime patologie non curabili.

Il Tribunale di Torino aveva rigettato la domanda dei coniugi, decisione confermata poi in sede di Appello, non avendo riscontrato particolari negligenze e non avendo rinvenuto alcun nesso causale tra la condotta di medici curanti e i danni subiti dalla bambina.

Ma è la Cassazione che rende interessante la questione, ribaltando totalmente gli orientamenti adottati dai giudici di merito, cassando con rinvio la decisione presa in Appello.

Il ricorso dei genitori è vario ed articolato in più punti, di cui il più interessante è il secondo: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in violazione dell’art. 360.1, n.5 del c.p.p, costituito dal fatto che, come ampiamente evidenziato in sede di Appello, vi erano state carenze nella redazione della cartella clinica la quale recava un vuoto temporale di sei ore.

La Cassazione inizia il suo ragionamento ribadendo che la responsabilità medica è riconducibile alla responsabilità contrattuale ex art. 1218 – come da tempo affermato dalla giurisprudenza – e che quindi grava sulla struttura ospedaliera la prova di aver correttamente adempiuto la prestazione a cui era tenuta.

I giudici di merito avevano presunto che, nel vuoto temporale di sei ore risultante dalla cartella clinica, i controlli medici necessari ad una bambina neonata fossero stati fatti con la diligenza dovuta e che non fossero state riscontrate anomalie; ricostruzione che incorre, in primo luogo, in contraddizioni logiche (se i controlli fossero stati diligentemente effettuati la cartella non presenterebbe lacune), e, ancor più grave in violazione della disciplina in materia di responsabilità contrattuale, perché, seguendo l’impostazione dei giudici di merito, si addiverrebbe ad un’inversione dell’onere della prova che finirebbe per gravare sui danneggiati. In tal modo i danneggiati si troverebbero penalizzati da un errore commesso dallo stesso danneggiante e che andrebbe quindi a suo indiretto vantaggio.

Per la Cassazione, al contrario, la mancanza di diligenza adoperata dai medici nella tenuta della cartella clinica offre la base per l’applicazione di una presunzione, a vantaggio dei danneggiati, attraverso cui si arriva a dare per esistente il nesso causale tra la prestazione medica e l’evento dannoso.

La Cassazione cassa e rinvia la questione ad altra sezione di Corte di Appello la quale dovrà rigiudicare la causa alla luce dei principi enunciati dalla Cassazione.

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