Risulta configurabile il delitto di atti persecutori (c.d. stalking) a carico dello studente che compie atti di c.d. bullismo

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Il fenomeno del c.d. bullismo si sta pericolosamente diffondendo all’interno degli istituti scolastici italiani e costituisce sicuramente una condotta pericolosa e fonte di gravi pregiudizi a carico degli studenti che lo subiscono.

Ma cosa si intende per “atti di c.d. bullismo”?

Si intende l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi ad oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale, l’opinione politica, l’aspetto fisico o le condizioni personali e speciali della vittima.

Secondo una recente sentenza dalla Suprema Corte di Cassazione è configurabile il reato di stalking in caso di bullismo (cfr. Cass Pen. Sezione V 08/06/2017 n. 28623).

A sostenerlo è la Cassazione che per la prima volta applica l’art. 612 bis c.p., che punisce il delitto di atti persecutori, in ambito scolastico confermando le condanne inflitte a quattro ragazzi che, all’epoca dei fatti minorenni studenti di un istituto tecnico, avevano preso di mira, per due anni, un compagno di scuola, picchiandolo ed insultandolo, a turno, fino ad indurlo, dopo essere finito in ospedale, a lasciare la scuola per trasferirsi in un altro istituto scolastico.

Per la Corte, la deposizione della sola persona offesa è risultata come prova sufficiente in quanto giudicata attendibile, anche alla luce del contesto di indifferenza degli altri compagni di classe e degli insegnanti che non si erano accorti di nulla.

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