Vi sono alcuni segnali che devono essere presi in esame per accertare la sindrome da alienazione genitoriale nell’ambito di una separazione conflittuale

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La sindrome da alienazione parentale ( PAS ) è essenzialmente una patologia relazionale delle famiglie separate che riguarda almeno tre soggetti (bambino, genitore alienante e genitore alienato). E’ il risultato di una campagna di denigrazione nei confronti del genitore non affidatario perpetrata dal genitore affidatario o con cui vive il minore. Va diagnosticata in base al comportamento del bambino ma viene istillata e mantenuta viva nel minore dal genitore alienante. Tutte le figure professionali chiamate in causa dovrebbero essere in grado di riconoscere la presenza di tale disturbo.

La teoria di Gardner – medico statunitense che per primo teorizzò tale disturbo – suggerisce di basare la diagnosi di PAS anche dall’osservazione di otto presunti sintomi primari nel bambino:

1) la campagna di denigrazione, nella quale il bambino ripete in modo automatico i messaggi di disprezzo del genitore “alienante” verso quello “alienato”. In una situazione normale ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l’altro. Nella PAS, invece, il genitore “alienante” non mette in discussione tale mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a incoraggiarla; 2) la debolezza delle ragioni fornite dal bambino per spiegare le motivazioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato, che risultano spesso illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali (esempi citati, “Alza sempre la voce quando mi dice di lavarmi i denti”, oppure “Mi dice sempre “Non interrompere!”); 3) la mancanza di ambivalenza, per la quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come completamente negativo, laddove l’altro è visto come completamente positivo; 4) la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa ragionare senza influenze e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza input del genitore “alienante”; 5) l’appoggio automatico al genitore “alienante” è una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore “alienante”, qualsiasi genere di conflitto venga a crearsi; 6) l‘assenza di senso di colpa, per il quale tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore “alienato” trovino giustificazione nel fatto di essere meritate, sorta di “giusta punizione”; 7) l’uso di affermazioni che non possono ragionevolmente provenire direttamente dal bambino, quali ad esempio l’utilizzo di frasi, parole, espressioni o la citazione di situazioni normalmente non patrimonio di un bambino di quell’età per descrivere le colpe del genitore escluso; 8)  l‘estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge, nell’alienazione, la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.

Altri quattro criteri diagnostici sono stati identificati in seguito: a) difficoltà di transizione nel momento in cui il figlio si separa dal genitore alienante per trascorrere il periodo di visita con il genitore alienato; b) comportamento antagonistico o distruttivo durante le visite presso il genitore alienato; c) legame patologico o paranoide con il genitore alienante; d) legame forte e sano con il genitore alienato prima che intervenisse il processo di alienazione.

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