Violazione del dovere di fedeltà ed addebito della separazione
Si ritiene interessante commentare una sentenza della Corte di Cassazione Civile del 11 giugno 2008 n. 15557, la quale in riferimento ai presupposti della pronuncia dell’addebito della separazione dei coniugi ha affermato che siffatta pronuncia richiede di accertare se uno dei coniugi abbia tenuto un comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio espressamente indicati nell’art. 143 cod. civ., e perciò costituenti oggetto di una norma di condotta imperativa: fra i quali è indicato l‘obbligo di fedeltà, strettamente connesso a quello della convivenza e da intendere non soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali, ma quale impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire la fiducia reciproca, ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, che dura quanto dura il matrimonio.
In effetti la nozione di fedeltà coniugale va avvicinata a quella di lealtà, la quale impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelano in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro la fedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda.
Ha tuttavia avvertito la giurisprudenza di legittimità che il giudice non può fondare la pronuncia di addebito sulla mera inosservanza dei doveri familiari di cui all’art. 143 cod. civ. , dovendo, per converso, verificare l’effettiva incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza. La sentenza che si commenta ribadisce che a tale regola non si sottrae l’infedeltà di un coniuge, la quale pur rappresentando una violazione particolarmente grave, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, può essere rilevante al fine dell’addebitabile della separazione soltanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale, e non anche, pertanto, quando risulti non avere spiegato concreta incidenza negativa sull’unità familiare e sulla prosecuzione della convivenza medesima: come avviene allorquando il giudice accerti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, perciò, autonoma ed indipendente dalla successiva violazione del dovere di fedeltà.
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